Bankitalia: la ripresa slitta, crescita 2021 al 3,5%

Un cartello con misure di sicurezza anticovid appeso a Palazzo Koch.

ROMA. – La ripresa slitta a metà anno, con la nuova caduta del Pil di fine 2020 che si trascina sull’avvio del nuovo anno e ferma al 3,5% la crescita attesa per il 2021. E lo scenario presenta “rischi ancora elevati”, dall’evoluzione della pandemia all’indebitamento delle imprese.

La fotografia di Bankitalia sull’economia italiana ritrae un Paese sospeso, a metà del guado fra lo shock pandemico e l’uscita dalla peggior recessione del dopoguerra. Con un netto stacco fra l’economia reale, in particolare servizi come il turismo o i servizi ricreativi, e il settore finanziario, che regge bene l’impatto grazie a misure senza precedenti.

Sullo sfondo c’è la situazione sanitaria: in chiara, positiva evoluzione grazie ai vaccini, tanto che accanto ai rischi potrebbero anche esserci sorprese positive “nell’ipotesi di un più rapido progresso nel controllo dei contagi”. Ma il Bollettino economico di via nazionale non nasconde che la nuova caduta del Pil nel quarto trimestre causata dalla “seconda ondata” del Covid, “valutabile nell’ordine del -3,5%”, si trascinerà sui primi mesi dell’anno in corso. Facendo slittare una ripresa robusta all’estate.

La stima di crescita 2021 scende così a +3,5%, oltre un punto in meno rispetto alle previsioni di luglio prima di accelerare a +3,8% nel 2022 e a +2,3 nel 2023.

Scenario che “presuppone che si manifestino appieno gli effetti espansivi” del recovery fund, e “che le misure di sostegno evitino che il maggiore indebitamento delle imprese abbia ripercussioni negative sulla stabilità finanziaria”; infine “che non tornino a peggiorare i timori sull’evoluzione dell’epidemia”.

La terza ondata, insomma, se si verificasse scombussolerebbe nuovamente le previsioni. Anche la Bce, d’altronde, aggancia le sue stime di dicembre all’ipotesi che i lockdown si fermino entro il mese di marzo.

Tante le incognite, dunque: pur con la disoccupazione congelata da forme simili alla cassa integrazione in parte d’Europa, “in novembre il recupero del numero di nuove posizioni lavorative si è sostanzialmente interrotto”, specie per i giovani e le donne”.

Il settore manifatturiero tiene, ma i servizi soffrono, e a pesare, ancor prima che i lockdown, sono gli stessi timori di contagio che scoraggiano dal viaggiare e dall’uscire. Gli investimenti, grazie soprattutto al maxi-sostegno europeo del recovery fund, nel 2021 dovrebbero ripartire robusti.

Per contro le famiglie sono più pessimiste che la scorsa estate: un terzo dichiara un calo del reddito, sempre un terzo pensa di diminuire nei prossimi mesi consumi come alimentari, pranzi e cene fuori, viaggi e vacanze.

Poteva andare molto peggio, sembra di leggere fra le righe del documento di Via Nazionale. Gli aiuti all’economia si misurano in un fabbisogno che si stima sia balzato di 117 miliardi nel 2020, come cinque leggi finanziarie di entità robusta; un debito volato di 20 punti di Pil, al record di oltre 2.586 miliardi a novembre, prima di ulteriori misure nel frattempo messe in cantiere; e in entrate che, fra rinvii di scadenze fiscali e cancellazioni, a gennaio-novembre segnano un tracollo di oltre 20 miliardi.

L’Italia, in attesa dei 209 miliardi del recovery, aveva già ricevuto, a novembre, 16,5 miliardi dal fondo europeo anti-disoccupazione “Sure”. E l’azione concertata di bilancio e monetaria ha impedito di finire nell’incubo di 10 anni fa, un avvitamento della crisi sul fronte finanziario e bancario. Caricando sulle sue spalle il grosso del piano per gli acquisti pandemici (Pepp) della Bce, Bankitalia a novembre aveva a bilancio il 21,2% del debito italiano.

Sembra per ora scongiurato il credit crunch della grande crisi finanziaria, con le banche che, fra garanzie pubbliche e maxiprestiti Bce, “hanno continuato a soddisfare la domanda di fondi da parte delle imprese”, a condizioni “nel complesso distese”.

Grazie all’azione della Bce sia i tassi al settore privato, sia quelli pagati sul debito italiano, rimarrebbero contenuti nello scenario da qui al 2023. Ma i prossimi mesi saranno delicati: quello stesso scenario presuppone che l’emergenza sanitaria sia completamente superata coi vaccini entro il 2022. E che il debito delle imprese – dove la Bce vede rischi di default diffusi – non provochi scossoni finanziari.

(di Domenico Conti/ANSA)

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