L’impeachment al Senato, Trump teme i repubblicani

Il Presidente Donald J. Trump.
L' ex presidente Donald J. Trump EPA/Oliver Contreras

WASHINGTON. – Sempre più isolato, rabbuiato e infuriato con tutti in una Casa Bianca semideserta, dove ha bloccato anche l’onorario stellare da 25 mila dollari al giorno del suo (fallimentare) avvocato personale Rudy Giuliani, Donald Trump si prepara ad un secondo processo d’impeachment al Senato dopo che la Camera lo ha messo in stato d’accusa per incitamento all’insurrezione.

“Nessuno è al di sopra della legge”, ha ammonito la speaker Nancy Pelosi firmando il capo d’imputazione. Bandito permanentemente anche da Snapchat, il presidente ha diffuso dopo la votazione un video di cinque minuti in cui, glissando sull’impeachment, ha condannato “inequivocabilmente” la violenza dell’assalto al Congresso, scaricato i rivoltosi e lanciato un appello agli americani a “superare gli impeti del momento”.

Questa volta però rischia lo scacco matto. Se nel primo impeachment per l’Ucrainagate il partito da lui controllato aveva fatto muro in modo compatto, ora mostra le prime pericolose crepe, con dieci repubblicani che hanno votato a favore, tra cui Liz Cheney, numero tre del Gop alla House e figlia dell’ex vicepresidente di George W. Bush.

Ora al Senato bastano 17 dei 50 senatori del Grand Old Party per raggiungere i due terzi richiesti per la condanna. E in tal caso poi sarebbe sufficiente la maggioranza semplice per interdirlo dai pubblici uffici, impedendogli di ricandidarsi nel 2024, come intendono fare i dem: uno scenario che nel Grand Old Party alletta i già numerosi pretendenti alla Casa Bianca.

La chiave di volta è il leader dei senatori repubblicani Mitch McConnell, che si è rifiutato di convocare la Camera alta prima del 19 gennaio ma non ha escluso di votare contro Trump: il suo sì sarebbe una svolta decisiva. In privato si è già  rallegrato dell’impeachment ritenendolo fondato e utile per sbarazzarsi di Trump. Resta l’incognita sull’inizio e la durata del processo, il primo “póstumo”, ossia dopo la decadenza del presidente, con tutti i dubbi legali del caso.

Dal 20 gennaio il Senato passa sotto il controllo dei dem e virtualmente potrebbe cominciare le procedure un’ora dopo il giuramento di Joe Biden, secondo l’Ap. La Pelosi però non ha ancora annunciato quando trasmetterà l’articolo dell’impeachment e sembra improbabile che voglia rischiare di oscurare la cerimonia.

Nei giorni scorsi peraltro si era fatta strada l’ipotesi di inviare il capo di imputazione dopo i primi 100 giorni di Biden, per consentirgli di incassare le conferme delle nomine governative e di avviare la sua agenda.

In ogni caso il presidente eletto ha già lanciato un appello al Senato perché “trovi un modo per gestire le sue  responsabilità costituzionali sull’impeachment laborando contemporaneamente anche su altre priorità di questa nazione”.

Priorità ribadite in una conferenza stampa per presentare “progetti di legge per finanziare i vaccini e portare un aiuto immediato e diretto alle famiglie” nella pandemia e nella crisi economica, che ha registrato un aumento imprevisto delle richieste dei sussidi di disoccupazione (quasi un milione).

L’obiettivo è un nuovo pacchetto di stimoli di oltre 1.000 miliardi di dollari. Biden è però preoccupato che il clima di scontro per il processo minacci la riconciliazione del Paese e la collaborazione bipartisan cui aspira. Timori condivisi anche dall’ex capo dell’Fbi James Comey, secondo cui il nuovo presidente  “dovrebbe almeno considerare la grazia” a Trump, come fece nel 1974 il presidente Gerald Ford con Richard Nixon per lo scandalo Watergate.

Monta intanto la tensione per un giuramento che si anuncia in un clima d’assedio, con 20 mila uomini della guardia nazionale, il centro blindato, il National Mall chiuso al pubblico, 13 stazioni della metro off limits. Biden è stato costretto anche a rinunciare ad arrivare da Wilmington a Washington col suo vecchio treno da pendolare, dopo l’assalto al Congresso e le minacce di nuove proteste armate.

Per l’Inauguration Day però si è mobilitato lo star system: l’inno nazionale sui gradini del Capitol sarà affidato a Lady Gaga, Jennifer Lopez per l’intrattenimento musicale e in prima serata ci sarà Tom Hanks in uno speciale tv di 90 minuti con Jon Bon Jovi, Demi Lovato, Justin Timberlake e Ant Clemons.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)