Cadono le prime teste, via capo polizia Congresso

Manifestanti pro-Trump entrano nel terreno del Campidoglio in Washington. Immagine d'archivio.
Manifestanti pro-Trump entrano nel terreno del Campidoglio in Washington. Immagine d'archivio. EPA/WILL OLIVER

NEW YORK.  – Cadono le prime teste dopo l’assalto al Campidoglio. Il capo del polizia del Congresso, Steven Sund, rassegna le sue dimissioni dopo il clamoroso flop della sicurezza che ha consentito, davanti agli occhi di tutto il mondo, l’invasione dei sostenitori di Donald Trump nell’edificio “tempio della democracia”.

Dimissioni che però non placano le polemiche e non fermano le indagini in corso per capire cosa sia accaduto e per scovare i responsabili e consegnarli alla giustizia. L’Fbi ha lanciato una caccia all’uomo a livello nazionale per rintracciare i responsabili delle violenze, offrendo anche una taglia da 50.000 dollari nel tentativo di ottenere informazioni sulle bombe artigianali rinvenute nelle sedi del partito democratico e di quello repubblicano a Washington.

La caccia all’uomo ha portato all’arresto del sostenitore di Trump che si è seduto alla scrivania della Speaker della Camera, Nancy Pelosi, poggiandovi i piedi sopra. Ma la ricerca continua, anche in seguito alle denunce di laptop e Ipad rubati ai deputati. Furti che alimentano il rischio di fuga di dati e informazioni riservate.

“Abbiamo dispiegato tutte le risorse a disposizione per l’indagine”, ha assicurato il direttore dell’Fbi Christopher Wright. Proprio l’Fbi insieme al Pentagono avevano offerto rinforzi alla polizia del Congresso prima della manifestazione.

La loro offerta era stata però gentilmente declinata. Sund infatti aveva assicurato, anche ai membri del Congresso che lo avevano interpellato, che tutto era sotto controllo, che i suoi uomini erano pronti e non c’era nulla da temere.

Rassicurazioni che sono cadute nel vuoto: l’invasione e la devastazione negli uffici dei deputati è avvenuta in diretta televisiva, lasciando poco spazio a eventuali giustificazioni e spiegazioni. E questo anche alla luce dei cinque morti negli scontri, fra i quali un agente della polizia del Congresso. Brian Sicknick è stato colpito in testa con un oggetto di metallo, forse un estintore, all’interno del Campidoglio poco dopo l’invasione.

Colpi che inizialmente non lo hanno fermato: ha continuato a compiere il suo lavoro nelle ore successive. Poi, verso le sette di sera del 6 gennaio, si è accasciato a terra, trasporto in ospedale è poi morto. Sicknick era entrato a far parte della polizia del Campidoglio nel 2008.

Dalla pioggia di critiche bipartisan, la polizia cerca di difendersi: nessuno – ripete – poteva immaginarsi che il presidente incitasse i manifestanti. “Chi poteva prevedere una cosa del genere? Era imprevedibile, una cosa a cui nessuno poteva essere pronto”, afferma Jose Cervino, ex agente della polizia di Washington, difendendo la scelta degli agenti a non usare le armi . Il mandato della polizia del Congresso, spiega, è quello di proteggere deputati e senatori, non l’edificio.

Mentre le polemiche e le indagini proseguono, e non escludono per Trump l’ipotesi di istigazione alla violenza, la polizia si prepara ai prossimi giorni e soprattutto alla cerimonia di insediamento di Joe Biden il 20 gennaio.  Centinaia di militari della Guardia Nazionale, provenienti anche da stati  limitrofi, pattugliano già le strade.

Il timore è di una nuova discesa a Washington di “terroristi domestici”, così come li ha definiti Biden, nei prossimi giorni. Secondo indiscrezioni infatti non sono escluse nuove proteste alla luce dell’uccisione della “martire” Ashli Babbitt, che è stata come “il primo colpo sparato in una rivoluzione”.

(di Serena Di Ronza/ANSA)

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