Emozioni e gol, la maglia azzurra compie 110 anni

Il capitano della Nazionale, Fabio Cannavaro, alza al cielo la Coppa del Mondo, tra i compagni di squadra, al termine della finale del Mondiale 2006 tra Italia a Francia, all'Olympiastadion di Berlino
Il capitano della Nazionale, Fabio Cannavaro, alza al cielo la Coppa del Mondo, tra i compagni di squadra, al termine della finale del Mondiale 2006 tra Italia a Francia, all'Olympiastadion di Berlino. ANSA/ DANIEL DAL ZENNARO

ROMA. Ha avuto mille fogge, lo scudetto sabaudo e poi quello tricolore sul petto: ma il colore, quello è rimasto lo stesso per oltre un secolo di gol ed emozioni. La maglia azzurra mercoledì compie 110 anni, con lode perchè rappresenta una storia di gloria sportiva, vero simbolo di identificazione nazionale.

“Azzurri”, li chiamano in tutto il mondo. E in effetti quando in campo scendono Giuseppe Milano, primo capitano con quel colore Savoia, o Peppino Meazza, Gigi Riva, Fabio Cannavaro, Pablito Rossi, Roberto Baggio, persino contraddizioni calcistiche viventi come Cassano e Balotelli, ecco pare aprirsi davvero uno sprazzo di cielo.

La prima volta fu il 6 gennaio 1911 a Milano, un Italia-Ungheria all’Arena. La nazionale di calcio aveva già disputato due partite ma di bianco vestita. Quel colore lo portavano anche i magiari, così l’Italia scelse l’azzurro caro a Casa Savoia. E non lo lasciò più. Solo quattro volte l’Italia ha tradito del tutto il suo colore, per un nero indossato a Francia ’38 e mai più ripetuto, e per il verde dell’amichevole del 1954 contro l’Argentina e poi riproposto, in chiave “rinascimentale”,

il 12 ottobre dell’anno scorso per la sfida delle qualificazioni europee a Roma contro la Grecia.

Poi, anche quando gli avversari costringevano a ripiegare sulla seconda maglia – bianca – uno sprazzo d’azzurro c’era sempre. Come la striscia sul petto usata dagli eroi di Mexico ’70, o il calzettone in tinta di tante battaglie sportive.

Quell’azzurro l’hanno vestito campioni di quattro Mondiali vinti, in Italia la prima volta nel ’34 e subito dopo in Francia, con la doppietta del ct Vittorio Pozzo, e ancora i ragazzi di Bearzot a Spagna ’82 e quelli di Lippi per Germania 2006. Ma anche capitan Facchetti nell’unico Europeo vinto, il ’68,  e poi Rivera, Mazzola, Burgnich e gli altri nella mitica  semifinale dell’Atzeca, Italia-Germania 4-3, o nella finale persa col Brasile.

E ancora Roberto Baggio nell’altra finale sfuggita ai rigori a Pasadena, Usa ’94. Centotrentasei volte l’ha indossata Fabio Cannavaro, capitano della notte di Berlino, l’azzurro con più presenze. La porta ancora idealmente, e con orgoglio, Gigi Riva, capocannoniere di tutti i tempi con 35 gol che confessa di sentirsela addosso ancora oggi.

Una galleria di ricordi ed emozioni, che né i rovesci sportiviné la modernità’ hanno intaccato. L’Italia è stata l’ultima, tra le grandi nazionali, a cedere alle lusinghe degli sponsor.

Quando a Francia ’98 Coni e Federcalcio accettarono di stampare il logo della ditta che di volta in volta forniva le nuove divise, fu quasi una sollevazione nazionale. ”É come un tricolore, non si puo’ commercializzare”, disse un ex ct, Azeglio Vicini.

É andata così, e i nuovi tempi non hanno sottratto nulla al fascino: dal calcio fino a tutti gli altri sport, “Azzurri” ha continuato a indicare tutti gli italiani dello sport nel mondo, e perfino qualcosa di più.

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