Venezia conta i danni, ora il Mose si alza per tre giorni

Acqua alta a Venezia.
Acqua alta a Venezia. ANSA/ANDREA MEROLA

VENEZIA. – Nel giorno della conta dei danni milionari per il mancato funzionamento delle paratoie che dovevano difendere una città messa sotto scacco da 138 centimetri di acqua, il triunvirato che governa il Mose annuncia di voler correre ai ripari.

Già dalla scorsa notte la lunga striscia gialla delle 78 barriere tornata a contornare l’orizzonte ha ridato tranquillità ai sonni dei veneziani, ma ora è l’intera modalità di gestione del meccanismo che verrà passata al setaccio domani in vista di correttivi che appaiono non più rinviabili. Le prime ad essere chiamate in causa sono state proprio le previsioni meteo.

“E’ successo che gli eventi meteorologici, la grande quantità di acqua che è arrivata in laguna dai fiumi e soprattutto un vento che non si è mai spostato dalla costa – ricostruisce la supercommissaria del Mose Elisabetta Spitz – hanno contribuito a trattenere l’acqua nella laguna”.

Il servizio meteorologico, aggiunge, “purtroppo non ci aveva indicato un rischio di marea oltre i 130 centimetri come è previsto dalla procedura per l’intervento eccezionale”. Ma non è il solo scoglio che la riunione tecnica dovrà affrontare. A entrare in gioco è anche l’altezza dell”acqua che può far scattare oppure no il Mose. Spitz usa parole difficilmente fraintendibili.

“Non ci possiamo permettree di sollevarlo a 110 centimetri come era previsto dal Comitatone per il funzionamento a regime – scandisce -. Con le dotazioni impiantistiche non completate sarebbe quasi irresponsabile'”. La Supercommissaria lascia comunque una strada aperta. “Possiamo però ragionevolmente intercettare il problema – propone – cioè allertare il personale che deve sollevare, togliendolo dal cantiere e spostandolo verso le operazioni di sollevamento quando abbiamo anche degli avvisi di marea inferiori a 130 centimetri”.

Ma non basta, c’è da risolvere anche la questione dell’attendibilità dei bollettini meteo. “Penso che il Centro di previsioni dei fenomeni meteorologici debba essere unico per governare il Mose in modo univoco” propone il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto. “Centro maree del Comune, Cnr e Consorzio Venezia Nuova – aggiunge – si debbono confrontare sui dati, non ci devono essere tre voci distinte”.

L’assist del Prefetto è poi ad un maggior coinvolgimento degli enti locali. Se a 120 centimetri “deve sempre scattare la fase di preallerta”, è altrettanto vero, per Zappalorto, che “serve una governance diversa per il Mose. Non si possono tagliar fuori dalla questione il sindaco e la Città metropolitana”.

A complicare ulteriormente la questione le esigenze del Porto, che si vede tagliato fuori da qualunque attività commerciale se le paratoie sono in funzione. “Sta vivendo delle ore molto difficili poiché si trova a non avere un accesso al mare in presenza del sistema Mose in azione – ricorda Pino Musolino, Commissario Straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale -. Solo questa mattina avevamo 8 navi ferme in rada e 9 in laguna in attesa di uscire”.

Un difficile equilibrio di pesi e contrappesi in mezzo al quale oggi stavano gli abitanti di Venezia, alle prese con la conta dei danni. “Nel mio locale – racconta Claudio Vernier, presidente dell’Associazione Piazza San Marco – ho già contato tra i 2 e i 3mila euro di danni, ma penso al Florian che, pur essendo ‘alto’, con un solo filo d’acqua ne deve spenderne 10mila”. “Poi oltre ad asciugare – prosegue – c’è da pulire, rimettere in ordine, sostituire quanto danneggiato e lì le cifre salgono”.

Uno scherzo del maltempo che suona come una ulteriore beffa in tempi di Covid.”Tutti chiusi per crisi e tutti a pulire per l’acqua alta: siamo in ginocchio – dice Raffaele Alajmo, titolare dello storico caffè ‘Quadri’ in Piazza San Marco a Venezia e ad del famoso gruppo tristellato della ristorazione – e c’è chi ci bastona sulla schiena”.

(di Rosanna Codino/ANSA)

Lascia un commento