Intesa governo sul Mes. Sul Recovery sfida Renzi e Conte

Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, a margine del voto alla risoluzione di maggioranza che autorizza il nuovo scostamento di bilancio, nell'Aula del Senato, Roma
Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, a margine del voto alla risoluzione di maggioranza che autorizza il nuovo scostamento di bilancio, nell'Aula del Senato, Roma, 26 novembre 2020. ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

ROMA. – Chi nella maggioranza ha ancora in mente quel 20 agosto in cui, in Aula al Senato, si fronteggiarono Matteo Salvini e Giuseppe Conte, è pronto a scommettere che, qualcosa del genere, potrebbe avvenire perfino domani, nel D-Day del governo giallorosa. La crisi dell’esecutivo è quasi impossibile anche perché, sulla risoluzione di maggioranza sulla riforma Mes, un’intesa è stata trovata e la fronda M5S in gran parte rientrata.

Ma è sul Recovery Plan che la sfida tra Iv e il premier è totale. Renzi non vuole, in nessun modo, la task force tecnica pensata da Palazzo Chigi per la gestione dei progetti. Conte ha abdicato dall’idea di inserire la cabina di regia in manovra ed è pronto a ulteriore modifiche, ma per ora resta silente. Anche perché, secondo quanto raccontano fonti di maggioranza, il premier è a dir poco irritato dall’ultima offensiva renziana.

E c’è chi, tra quelli che hanno una certa dimestichezza con il premier, arriva a dire che ormai è chiaro come il vero obiettivo di Renzi sia solo uno: Conte stesso. Il redde rationem finale non dovrebbe avere luogo oggi. Ma, una volta archiviata la legge di bilancio, il governo navigherà davvero a vista. Rimpasto, Conte-ter, crisi di governo vera e propria: tutto potrebbe essere possibile allora.

Nel frattempo, la vigilia del suo discorso in Aula in vista del cruciale Consiglio Ue sul Recovry Fund, Conte la passa al lavoro, lontano dai riflettori. Bombardato ciclicamente prima da Maria Elena Boschi, poi da Matteo Renzi all’evento organizzato da Eureka, poi ancora da Boschi. “La struttura di Conte pensa a moltiplicare le poltrone. Per noi un ideale vale di più. Sul rischio di una rottura spero di no ma temo di si”, sottolinea l’ex premier.

E ai suoi Renzi in privato – a quanto si apprende da fonti parlamentari – avrebbe ribadito il messaggio: il gioco “al lupo, al lupo” è finito, domani (ndr: oggi) si fa sul serio. Con una chiave con cui Iv potrebbe far saltare il banco: l’attivazione del Mes sanitario. In Italia Viva assicurano che, se nel suo discorso Conte farà cenno alla sua volontà di non accedere al fondo, il voto dei renziani alle comunicazioni del premier mancherebbe.

Nulla trapela in queste ore del discorso del premier. Che, presumibilmente, applaudirà invece all’accordo trovato in maggioranza sulla risoluzione nel pomeriggio. Risoluzione che autorizza Conte a firmare la riforma, spiegando, al tempo stesso, che il negoziato non può considerarsi concluso: va rispettata la cosiddetta logica del pacchetto e va profondamente modificato il Patto di stabilità e crescita, con l’introduzione del sistema europeo di assicurazione dei depositi.

Su questo testo la fronda dei descamisados sembra rientrare. Barbara Lezzi, in mattinata, annuncia “il punto di caduta”. Pino Cabras attacca Pd e Iv dicendo che a “ricattare” Conte non sono gli ortodossi M5S. In serata, all’assemblea dei senatori del Movimento, Stefano Patuanelli scandisce: “mi aspetto un voto compatto”. Qualche defezione ci sarà ma, come spiega anche il capogruppo Pd Andrea Marcucci, al Senato “la maggioranza ci sarà”.

Un aiutino, peraltro, potrebbe venire anche dall’opposizione più moderata. Qualche azzurro magari, mentre i membri dell’Udc dovrebbero votare sì. Di certo, anche Lega e Fdi assistono con inusuale discrezione allo scontro tra Iv e Conte.

Governo e Parlamento sembrano affondare in un clima di sospensione mentre nel Pd il capo delegazione Dario Franceschini sembra dare una sponda a Conte: “il preconsiglio notturno ha fatto un lavoro positivo e collegiale per migliorare le norme sulla struttura di governance del Recovery plan, in linea con quello che l’Europa ci chiede”, spiega il ministro Dem.

“Abbassare i toni, coinvolgere e includere”, è la linea del Nazareno esplicata da Andrea Orlando. “Il confronto c’è, ora responsabilità”, gli fa eco il capo delegazione M5S Alfonso Bonafede mentre Vito Crimi stoppa subito l’idea di una Bicamerale, caldeggiata da Renzi e Antonio Tajani. Questa sera, nel probabile Cdm, l’ok ci sarà solo sul Recovery Plan, che Conte vuole portare a Bruxelles. Il dl sulla task force, al momento, è accantonato. E forse solo una profonda modifica con l’inserimento di un ministro IV potrebbe sbloccarlo.

(di Michele Esposito/ANSA)

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