Biden sceglie il primo afroamericano per il Pentagono

Joe Biden e il generale Lloyd Austin (attualmente in congedo) in una foto d'archivio della Bbc
Joe Biden e il generale Lloyd Austin (attualmente in congedo) in una foto d'archivio della Bbc.

WASHINGTON. – Era attesa la nomina della prima donna della storia alla guida del Pentagono. Invece Joe Biden – stando alle anticipazioni di media – ha deciso per il primo afroamericano nel ruolo di segretario alla Difesa, il generale in pensione Lloyd Austin, 67 anni, ex comandante delle truppe americane in Iraq.

Una scelta che raccoglie il plauso della Black Community ma destinata anche a sollevare diverse critiche. Soprattutto per la decisione di affidare l’incarico a un ex militare proprio come fece Donald Trump con James Mattis, invece di riconsegnare il Dipartimento a un civile nel segno di un ritorno alla normalità.

Ma Biden, al di là delle pressioni della lobby afroamericana, durante le varie audizioni via zoom delle ultime settimane sembra essere rimasto davvero colpito da Austin. E non solo per la sua competenza, ma soprattutto per il suo carattere: schivo, pacato, riservato, refrattario all’uso dei social media, lontano anni luce dall’atteggiamento da rockstar di alcuni suoi predecessori, impegnati in gran parte a promuovere la propria immagine. Come David Petraeus, che guidò il Pentagono nell’amministrazione Obama e che Biden non ha mai nascosto di mal sopportare.

Così il basso profilo di Austin, legato a una enorme professionalità, avrebbe convinto il presidente eletto degli Stati Uniti più di ogni altra valutazione. Eppure Biden aveva sul tavolo un altro nome di assoluto livello: quello di Michele Flournoy, veterana del Pentagono che sembrava destinata a rompere il soffitto di cristallo a capo degli oltre 1,3 milioni di militari Usa.

Austin è andato in pensione nel 2016 dopo 41 anni di servizio in cui ha raggiunto i massimi vertici militari come mai nessun afroamericano era riuscito, guidando le truppe Usa in Iraq nel 2010 ma ricoprendo anche il ruolo di vice capo di stato maggiore e di massimo responsabile dello Us Central Command, con responsabilità nelle operazioni in Iraq, in Siria, in Yemen e in Afghanistan.

Notevole il ruolo del generale Austin nella sconfitta dell’Isis: fu lui, infatti, che tra le altre cose mise a punto il piano di Barack Obama per fornire per la prima volta direttamente armi e munizioni ai ribelli siriani impegnati nella lotta al Califfato, una mossa che culminò con la riconquista di Raqqa.

La sua nomina per passare al Senato avrà bisogno, come fu per Mattis, di un esenzione del Congresso, visto che per i militari per ricoprire incarichi nell’amministrazione devono essere passati almeno sette anni dalla pensione. In settimana è attesa anche l’ultima nomina di peso da parte di Biden: quella del ministro della Giustizia.

In pole position due donne che fecero parte dell’amministrazione Obama: Sally Yates, 60 anni, ex vice guardasigilli, e Lisa Monaco, ex zarina dell’antiterrorismo. Ma anche qui non si escludono sorprese dell’ultim’ora, col nome dell’ex direttore della Cia Michael Morell che resta tra le scelte possibili.

Intanto Donald Trump prosegue nella sua improbabile battaglia per ribaltare l’esito del voto. E nel giorno in cui si chiude la finestra per i ricorsi legali il Texas ha presentato un ricorso alla Corte Suprema contro le modifiche alle procedure di voto nelle ultime elezioni in Georgia, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, chiedendo di bloccare i voti del collegio elettorale in questi quattro Stati (62 voti) e di rinviare la riunione del 14 dicembre in cui lo stesso collegio è chiamato ad eleggere formalmente il presidente.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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