Passione per il vinile, così si ama la musica

ROMA. – E’ difficile riassumere gli elementi del rapporto che lega l’appassionato al vinile. Un appassionato può essere considerato tale solo se ha migliaia di pezzi e, nei casi più seri, decine di migliaia, l’ingombro si misura in metri lineari e trovare metri liberi da riempire in una casa non è facile.

Forse, per capire meglio, ci potrebbe aiutare una domanda: cosa spinge le persone colpite da questo furor a condizionare la propria esistenza per trovare spazio a un oggetto molto esigente che ha bisogno di mensole fatte a misura, è pesante, delicato?

E’ una passione divorante che spinge a spendere denaro e che è alimentata da una strana socialità che ha la sua agorà nei negozi specializzati, dove si sono formati generazioni di addetti ai lavori. E’ probabilmente questa passione che ha fatto del vinile un caso industriale: dopo l’invenzione e la relativa immissione sul mercato del Cd era stato celebrato il suo de profundis. Oggi, nell’era del consumo immateriale della musica, il Cd sta per andare in pensione mentre il vinile continua ad occupare una solida posizione di mercato.

Alla storia di questa passione è dedicato “Vinilici – perché il vinile ama la musica”, il primo docufilm italiano dedicato all’argomento. Realizzato con un’operazione di crowdfunding dalla Napoli Film Commission, è nato da un’idea di Nicola Iuppariello ed è stato scritto con Vincenzo Russo ed è diretto dal regista Fulvio Iannucci.

Sarà disponile in esclusiva sulla piattaforma Amazon Prime Video a partire dal prossimo 3 dicembre, distribuito da 102 Distribution.

‘Vinilici’ vuole indagare il ritrovato interesse per la musica su vinile in Italia. I dischi in vinile, infatti, non sono più acquistati solo dai collezionisti ma anche da una nuova e più ampia schiera di appassionati di diverse età. Attualmente il vinile corrisponde al 6% del mercato totale. La crescita totale dal 2012 è pari al +330% (fonte: FIMI).

Il film parte da Napoli, originaria capitale della musica e del disco in Italia. E non è un caso: la Phonotype Record, fondata a Napoli agli inizi del ‘900, è tra le prime case discografiche al mondo ad avere un autonomo stabilimento per la fabbricazione di dischi. Non si tratta di un progetto tecnico ma di un vero e proprio atto d’amore vissuto attraverso alcuni personaggi colpiti, anche per motivi professionali, da questa dipendenza, tra i quali Renzo Arbore, Carlo Verdone, Mogol, Ron, Red Ronnie, Claudio Trotta.

Ma soprattutto questo docufilm punterà ancora una volta la luce su uno degli oggetti più evocativi della nostra storia recente: le copertine, l’odore, il fruscio, la memoria, la profondità e l’ampiezza di suono che il digitale non ha mai raggiunto.

(di Paolo Biamonte/ANSA)