Scontro nel governo sul Mes, Gualtieri va in Parlamento

Il premier Giuseppe Conte, con il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri(D) nel corso del voto seguito alle sue comunicazioni alla Camera dei Deputati, sulla situazione epidemiologica e sulle eventuali ulteriori misure per fronteggiare l'emergenza da Covid-19
Il premier Giuseppe Conte, con il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri(D) nel corso del voto seguito alle sue comunicazioni alla Camera dei Deputati, sulla situazione epidemiologica e sulle eventuali ulteriori misure per fronteggiare l'emergenza da Covid-19, Roma, 2 novembre 2020. ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

ROMA. – Ancora il Mes. Basta toccare il tema e la temperatura nella maggioranza si surriscalda. Il 30 novembre il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri dovrebbe dare, a nome del governo, il via libera alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità.

Ma non basta una riunione di ministri e capi delegazione al premier Giuseppe Conte a ottenere il via libera di tutto il governo a questo passaggio: per convincere i Cinque stelle, Gualtieri dovrà prima riferire alle commissioni parlamentari. Perché anche se si parla di riformare il trattato del Mes e non di chiedere i 37 miliardi di prestiti che l’Italia potrebbe ottenere per la sanità, il M5s teme che sia quello il prossimo passaggio.

Il Pd, con Andrea Orlando, spinge in quella direzione. Insiste Iv e anche, dall’opposizione, Forza Italia. Inaccettabile, per i pentastellati. Perciò lo scontro si accende non appena si pronuncia la parola Mes: sui fondi europei prosegue un muro contro muro che tiene in stallo la maggioranza. E che segnala, osserva una fonte renziana, “uno scollamento rispetto al governo sempre più grande, non solo nostro ma anche del Pd”.

La riunione di Conte con i capi delegazione e i ministri Luigi Di Maio, Enzo Amendola e Gualtieri si svolge in due parti: la prima la mattina, la seconda nel primo pomeriggio. E serve una mediazione per uscire dall’impasse di una discussione che vede a più riprese alzarsi la tensione tra i Dem e i pentastellati.

Il Pd ritiene inammissibile che il governo italiano tenga in stallo l’Ue “come Orban” e blocchi la firma di un trattato cui si lavora da anni. I ministri M5s se ne mostrano consapevoli e spiegano di non voler bloccare l’Ue ma pretendono che ogni decisione passi dal Parlamento.

Di cosa si parla? Di un tema molto tecnico: la trattativa in corso per riformare il trattato Mes con il meccanismo del backstop, che è il paracadute finanziario al fondo salva-banche Srf. Il negoziato va avanti da tempo e, spiegano dal governo, “ha visto risolversi diversi aspetti in maniera positiva per l’Italia”.

Gualtieri lo spiega ai colleghi riuniti a Palazzo Chigi: sul meccanismo del backstop, il paracadute bancario che potrebbe essere introdotto in anticipo, tutte le banche italiane hanno superato lo stress test, ma su altri punti paralleli alla riforma del trattato si sta ancora trattando, per l’opposizione dei Paesi cosiddetti “frugali”.

L’obiettivo è comunque siglare l’accordo nell’Ecofin del 30, in vista della firma formale della riforma in programma il 27 gennaio. Ecco perché Conte riunisce i suoi ministri: bisogna prendere posizione, dare il via libera.

Il M5s non chiude, ma chiede che si rispetti quanto scritto in una risoluzione di maggioranza un anno fa. In quella risoluzione si impegnava infatti il governo a “garantire il pieno coinvolgimento del Parlamento in tutti i passaggi del negoziato” europeo. In concreto, Gualtieri dovrebbe riferire giovedì alle commissioni Finanze e Affari europei di Camera e Senato.

L’idea è quella di una informativa, senza un voto finale. Ma non è ancora detto. Tutto risolto? No, perché dai vertici M5s trapela irritazione: Pd e Iv stanno facendo asse (Franceschini e Amendola sostengono le ragioni del Sì, come Bellanova), come emerso anche nel vertice di governo, per “forzarci la mano” e chiedere il prestito Mes.

I pentastellati denunciano un “gioco sporco”: lo hanno detto più volte e lo ripetono, che il M5s è contrario e se Conte si presentasse in Parlamento per sposare la richiesta del Mes la maggioranza rischierebbe di spaccarsi. Dall’altro lato, però, Andrea Orlando a nome dei Dem dice chiaro e tondo che quei 37 miliardi vanno “assolutamente utilizzati”. Si muove anche l’intergruppo parlamentare Sì Mes: sulla necessità di quei fondi audirà il ministro della Salute Roberto Speranza. Fi, che è a favore, lo chiederà a Conte nelle prossime ore anche in Aula alla Camera nell’ambito di un’interrogazione del deputato Marin.

Le acque sono agitate, insomma. Il presidente del Consiglio prova a tenere la prua dritta guardando al Recovery fund. Ne parla con Ursula Von Der Leyen secondo la quale “l’Italia è messa bene” sui progetti. Il premier nega ritardi, parla di un lavoro sui progetti alle “fasi finali” e ne annuncia due: uno per il tempo pieno a scuola in tutta Italia e uno per un polo Agritech a Napoli.

Ma Nicola Zingaretti e i vertici Pd, in un incontro con i segretari sindacali auspicano un maggior coinvolgimento del Parlamento e delle parti sociali. E la “cabina di regia” annunciata a Palazzo Chigi crea non pochi mal di pancia nel governo. “La verità – dice un deputato Pd – è che non riusciamo a uscire dalla palude, ma se andiamo avanti così nei prossimi mesi i nodi verranno al pettine”.

Grande insofferenza si registra dentro Iv: Matteo Renzi riunisce la cabina di regia del partito e rilancia la battaglia sulle riforme costituzionali, frenata dagli alleati. E rilancia anche l’idea di puntare al centro, perché così si vince, sul modello della “terza via” di Blair. Un’idea che però dal Pd Andrea Orlando e Peppe Provenzano sembrano gradire ben poco: “Una goffa riabilitazione di una stagione archiviata”.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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