Ristoranti in zona di confine tra Regioni: “Costretti a chiudere”

Un ristorante chiuso al centro storico della capitale, durante l'emergenza Covid-19
Un ristorante chiuso al centro storico della capitale, durante l'emergenza Covid-19 Roma 7 maggio 2020 ANSA/MASSIMO PERCOSSI

PERUGIA. – Due ristoranti a confine fra tre regioni, zone di altrettanti colori diversi – giallo, arancione e rosso – in base alle regole per la prevenzione della pandemia: lo chiamano il “triangolo benedetto”, ma in tempo di pandemia per Iside De Cesare – titolare dei due locali – questa terra di confine tra Lazio, Umbria e Toscana è diventato un paradosso tutto italiano, al punto da essere costretta a chiudere entrambi i locali in attesa che un nuovo dpcm permetta, in futuro, di ricircolare tra le regioni.

Le due attività raggiunte dall’ANSA – “La Parolina” e “La Monaldesca” – si trovano esattamente sul confine dove si incontrano le tre regioni, nel cuore dell’area naturalistica del Monte Rufeno, tra le province di Viterbo, Terni e Siena.

“Il paradosso – racconta la ristoratrice – è che i ristoranti si trovano per qualche centinaio di metri in territorio laziale, oggi classificato in zona gialla nella lotta al Covid e quindi potremmo restare aperti per il pranzo, ma, a parte molti affezionati romani, i due terzi della nostra clientela arrivano dall’Umbria e dalla Toscana, che si trovano praticamente a due passi da qui”.

“Umbria e Toscana sono però inserite nelle fasce arancione e rossa e quindi impossibilitate ad essere raggiunte e al tempo stesso i cittadini non possono muoversi dai rispettivi comuni di appartenenza”, ricorda l’imprenditrice. “Così – aggiunge Iside – non abbiamo avuto alternativa che chiudere per limitare le spese e salvaguardare il più possibile l’azienda”.

La ristoratrice parla e indica la vallata che si perde a vista d’occhio ai piedi di Trevinano, un minuscolo borgo del Comune di Acquapendente dove vivono circa 140 persone: “Vede – spiega – lì è già Toscana, invece da quella parte siamo in Umbria. In mezzo a quel bosco – racconta l’imprenditrice – è stato fissato un palo di legno che indica esattamente il punto geografico dove si incontrano le tre regioni”. Un luogo suggestivo e anche un po’ beffardo:

“Siamo costretti a tenere chiusi i ristoranti, ma poi tutti i giorni devo sconfinare e andare in Toscana perché i miei figli vanno a scuola a San Casciano dei Bagni”, racconta ancora Iside. Che aggiunge: “Per chi abita qui è normale relazionarsi con le altre due regioni, per tutti i servizi siamo costretti ad andare al di là dei confini”.

Ma la ristoratrice ammette che sarebbe stato difficile per il governo fare tutti i distinguo del caso: “La cartina geografica non si può modificare a seconda delle esigenze o delle opportunità e quindi non ci resta che accettare la situazione e sperare che tutto questo passi presto”.

Ma sottolinea: “Forse andava fatto un ragionamento più approfondito a monte, sarebbe stato opportuno verificare fin da subito chi davvero aveva ristoranti adatti al distanziamento sociale o meno, ma questa è un’altra storia”. Il Natale si avvicina e Iside non è molto ottimista: “Se ci permetteranno di aprire noi siamo pronti, ma la vedo dura”.

Infine, il capitolo aiuti: “Se i ‘ristori’ ci permetteranno di salvare le nostre aziende lo scopriremo solo vivendo, intanto proviamo a resistere”, conclude Iside.