Johnson scarica il guru Cummings ma ora vacilla davvero

L'assesore speciale del primo ministro britannico Boris Johnson, Dominic Cummings si accinge a montare in bicicletta.
L'assesore speciale del primo ministro britannico Boris Johnson, Dominic Cummings si accinge a montare in bicicletta. Archivio. (ANSA/EPA/ANDY RAIN)

LONDRA. – C’è voluta la spinta della sua giovane fidanzata, Carrie Symonds, ma al tramonto il dado è tratto. Boris Johnson accelera e scarica con effetto inmediato il suo controverso Rasputin personale, Dominic Cummings, ruvido quanto genialoide stratega della Brexit uscito perdente dallo scontro di potere con la futura first lady nel quadro di un più generale redde rationem tra fazioni opposte dell’entourage del primo ministro britannico.

Uno scontro che tuttavia minaccia adesso di far traballare davvero – magari da qui a qualche mese, come si vocifera da tempo – lo scranno di BoJo in persona: specie se la crisi legata al coronavirus e al dopo Brexit dovesse diventare uno tsunami e se il Partito Conservatore andasse incontro a una scoppola alle tornata di elezioni amministrative del maggio 2021.

Ufficialmente quella di Cummings doveva essere un’uscita di scena volontaria da formalizzare entro Natale, secondo l’anticipazione di una fonte governativa di alto rango. Ma la verità, stando a un’altra gola profonda, è che Dominic – Dom per chi lo conosce bene – è “saltato giù” dalla nave prima d’esservi costretto. E in ultimo ha preferito (o dovuto) farlo in fretta. Inizialmente l’interessato aveva negato come “voci inventate” di aver minacciato di sbattere la porta fin da ieri, in risposta alle dimissioni imposte al direttore della Comunicazione del governo, Lee Cain, suo fedelissimo castigamatti dei giornalisti accreditati.

E si era richiamato a quanto scritto su un blog per sostenere d’aver fatto sapere già a gennaio di volere rendere il proprio ruolo “superfluo” per fine 2020.

Ma in effetti il clima si era fatto evidentemente per lui irrespirabile, con un’esplosione di tensioni e contrasti fra clan “rivali vari” in casa Tory aggravatasi irreparabilmente nell’ultima settimana, stando al tam tam raccolto ora dopo ora dalla political editor della Bbc, Laura Kuenssberg. Tanto che alla fine l’accelerazione è stata clamorosa: con un benservito sprint e l’ex eminenza grigia del jonhsonismo ripresa stasera fuori dal portoncino al numero 10 della residenza governativa con le sue cose impacchettate in uno scatolone. Come un qualsiasi dipendente licenziato.

Un addio traumatico su cui il portavoce del premier non ha speso troppe parole. Limitandosi a negare che la vicenda possa partorire un ammorbidimento di Londra nel negoziato con Bruxelles, prossimo la settimana entrante all’ultimo giro di giostra, sulle relazioni commerciali post divorzio; e giurando che le condizioni per evitare un no deal potencialmente catastrofico “restano immutate”.

Puntualizzazione che del resto  non impedisce al Times di profetizzare al contrario qualche concessione “diplomatica” imminente all’Ue, se non altro in omaggio al passaggio di consegne al timone del grande alleato americano fra l’amico ‘tifoso’ brexiteer Donald Trump e il prudente Joe Biden.

Sia come sia, l’uscita di scena del 48enne Cummings è un terremoto politico. Il segnale della liquidazione, in coppia con Cain, dello stato maggiore di Vote Leave, centro di comando della trionfale campagna per l’uscita dall’Ue di cui Dominic fu la mente e Boris il volto più popolare. Il tutto in favore di un maggiore potere d’influenza affidato a tecnocrati più defilati, nonché al clan di consigliere-donne (johnsoniane e brexiteer, ma meno brutali di Cummings e soci nei rapporti con la nomenklatura tradizionale Tory) vicine in un modo o nell’altro alla 32enne Symonds.

In primis Allegra Stratton, ex giornalista di Bbc e Itv chiamata a salvare l’immagine e la declinante popolarità del primo ministro – azzoppata dalle polemiche sulla gestione della pandemia fino a spalancare le porte alla rimonta nei sondaggi dell’opposizione laburista del rassicurante leader post-Corbyn, Keir Starmer – dopo aver promosso con successo sui media d’establishment quella del rampante cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak: creatura politica di Dom Cummings che paradossalmente sembra ora poter rubare la scena (e presto o tardi il posto) a BoJo.

Dal fronte del Labour, intanto, si continua a sparare a zero sulle “patetica” lotta per il potere a Downing Street in pieno lockdown. Mentre dalla parrocchia Tory non manca il sollievo di chi – compresi falchi euroscettici come l’ex ministra Theresa Villiers, esclusa senza troppi complimenti da ogni poltrona sotto la sferza di Cummings – evoca “un nuovo inizio” nello staff del premier poiché “nessuno è indispensabile”.

“I consiglieri vanno e vengono, ma Dominic ci mancherà”, replica un ministro in carica, il titolare dei Trasporti Grant Shapps: conscio che in fondo senza il guru della Brexit, e i suoi slogan (‘Get back control’, ‘Get Brexit done’), non si sarebbero vinti né il referendum del 2016, né – a valanga – le elezioni di dicembre.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)

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