Paolo Mieli: “Mai il passato così presente”

Lo storico e giornalista Paolo Mieli torna con la quarta edizione di "Passato e Presente" trasmissione di approfondimento storico quotidiana prodotta da Rai Cultura
Lo storico e giornalista Paolo Mieli torna con la quarta edizione di "Passato e Presente" trasmissione di approfondimento storico quotidiana prodotta da Rai Cultura.

ROMA. – Mai il passato è stato così presente. “Perché quando si hanno idee forti sull’attualità è inevitabile che quelle idee si impongono sulle interazioni del passato. Dobbiamo cercare di evitarlo. La storia, non va imposta: bisogna renderla curiosa per accendere uno sguardo, per risvegliare l’interesse di un giovane, ma anche di chi non ha avuto occasione di approfondire un fatto. Con il nostro programma, nella precedente stagione abbiamo avuto un riscontro di pubblico sempre più ampio, va detto anche grazie al primo lockdown nazionale, andando in onda all’ora di colazione”.

Lo storico e giornalista Paolo Mieli torna con la quarta edizione di “Passato e Presente” trasmissione di approfondimento storico quotidiana prodotta da Rai Cultura, in onda su Rai3 da lunedì 16 novembre alle 13.15 (e alle 20.30 su Rai Storia) con ben 105 nuove puntate e lo fa ancora una volta con grazia e ricchezza di argomentazione.

“Ci stiamo portati avanti con materiali nuovi, in modo da poter resistere a lungo”, spiega all’ANSA Mieli, che con giovani studenti di storia si confronterà sui temi del passato con storici e docenti universitari. “E’ una formula ormai sperimentata ed apprezzata – aggiunge – solo che loro saranno in collegamento anche per le disposizioni di sicurezza anti-covid”.

Per quanto riguarda le tematiche “saranno variabili e non focalizzate solo su determinati periodi storici, avremo anche più donne tra le professoresse. Tra le puntate una dedicata a Matteo Ricci, gesuita matematico e geografo sepolto a Pechino nel 1610: fu operazione di “intercultura”, di ponte fra due civiltà tanto diverse. Una su l’imperatore Traiano, ma anche un po’ di leggerezza con una su Alberto Sordi”.

A proposito di storia e memoria è uno dei temi affrontati nel suo Libro “La terapia dell’oblio” pubblicato da Rizzoli,

“Si è vero, perché ho cercato di restituire peso confrontandoli con epoche storiche del passato, anche a temi a noi più cari e vicini, quasi quotidiani, indagando il non detto e spingendosi a commentare il discorso pubblico del nostro presente. Una terapia, quella a base di oblio, che Mieli identifica come necessaria, dato che “gli storici avrebbero dovuto far argine in qualche modo al dilagare della memoria”.

Insomma dimenticare “Per ricordare meglio senza lasciare carte confuse sul nostro tavolo dove resteranno, solo le carte che servono per affrontare il futuro”. Il web ha accorciato i tempi, se tutto è immediato e fruibile e anche vero spesso le stessi classi dirigenti che ne fanno ampio uso attraverso il social dimenticano quello che affermano in un tweet?

“Verissimo, non esiste una cronologia non importa quello che si è affermato, si può dire l’esatto opposto pochi mesi dopo. Se da una parte internet è libertà di pensiero, non ha un codice di comportamento definito, non ci sono regole. Le illazioni sono più affascinanti delle verità e più utili a dar ragione ai propri pregiudizi nascondendo le quelle scomode. In questo caso sul web la memoria è impazzita è sommersa di dati dove si fa fatica a mettere ordine”.

A proposito di oblio e memoria cosa ne pensa di Berlusconi, il personaggio più ricercato del momento, il grande saggio che invita all’unità.

“Direi si tratta di temporanea e volontaria amnesia degli avversari. Siamo arrivati quasi al trentennio, Berlusconi, tra successi, e drammi. Demonizzato come il Caimano, psico nano, sappiamo tutto sulle inchieste, le intercettazioni. Questo perché serve un’intesa bipartisan. Ma non è il primo caso non l’ultimo non è una questione di politici di ieri o di oggi. Mi ricordo Cossiga nel ’91 quando rischiò l’impeachment, poi si dimise. Anni dopo riabilitato come il grande statista lo stratega, basta uno sforzo di memoria”.

Nel primo appuntamento Paolo Mieli e la professoressa Maria Chiara Giorda raccontano la nascita del monachesimo.

“Tra i primi cristiani c’è chi vive in maniera radicale i precetti evangelici di povertà e umiltà e dà vita a quelle forme di ascetismo che sono alla base delle future comunità monastiche”. Tra questi asceti alcuni scelgono la solitudine estrema: sono gli eremiti, i padri del deserto, animati dalla “fuga mundi”, il rifiuto della società.

Alcuni eremiti si uniscono poi negli stessi eremi per condividere la pratica della preghiera e altri aspetti della vita quotidiana: la cella, i pasti, il lavoro. Si formano così i primi monasteri e le prime comunità cenobìtiche, dal greco koinobìtes, colui che vive in comune. È questa la forma di monachesimo che si diffonde in occidente e che trova, nel VI secolo d.C., il suo pieno compimento nell’opera di San Benedetto e nella sua regola.

(di Nicoletta Tamberlich/ANSA)

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