Commercialisti-Censis: rischio 460.000 Pmi chiuse

Uno stabilimento di calzature.
Uno stabilimento di calzature. (Ansa)

ROMA. – I commercialisti intravedono un futuro “nero” per le aziende italiane, travolte dalla crisi Covid: almeno 460.000 realtà di piccole e medie dimensioni (con meno, cioè, di 10 addetti e al di sotto dei 500.000 euro di fatturato) rischiano di abbassare la saracinesca per sempre, nel 2021, con la perdita di “un fatturato complessivo di 80 miliardi e di quasi un milione di posti di lavoro”.

E la “ricetta” dei professionisti per scongiurare la scomparsa di così tante imprese è duplice, perché ritengono che, da un lato, occorra “snellire gli adempimenti burocratici”, affinché il tessuto economico possa risollevarsi e, dall’altro, tornano ad invocare dalle Istituzioni “l’attribuzione di funzioni sussidiarie” (come previsto dal ‘Jobs act del lavoro autonomo’, una legge del 2017, ndr), per sgravare la Pubblica amministrazione da oneri che (pure) la categoria potrebbe svolgere con competenza.

L’analisi affiora dalla seconda edizione del “Barometro” del Censis e del Consiglio nazionale dei commercialisti sull’andamento dell’economia italiana, compiuto attraverso la ricognizione delle valutazioni di un campione di 4.600 professionisti iscritti all’Ordine.

Dal loro osservatorio, gli intermediari interpellati nel 29% dei casi fanno sapere come “più della metà delle microimprese clienti ha almeno dimezzato il proprio fatturato” (ma il dato scende al 21,2% nel caso dei colleghi che si occupano di aziende medio-grandi), perciò si contano 370.000 Pmi protagoniste di un vertiginoso crollo di oltre la metà dei ricavi, causato dagli effetti della pandemia e del “lockdown” imposto dal governo per cercar di circoscrivere i contagi da Nord a Sud della Penisola.

Inoltre, recita il dossier, “gli incassi bloccati e gli alti costi di gestione da sostenere hanno creato un cortocircuito, il cui esito è una grave crisi di liquidità per le aziende: il 93,9%” dei professionisti ne osserva “un taglio uguale, oppure superiore del 50% (di cui per il 30,3% riguarda oltre il 50% delle imprese clienti, per il 38,1% una quota tra il 26% e il 50%, per il 25,5% una minoranza)”.

Per quasi 8 intervistati su 10, poi, urge “chiarezza nei testi normativi, il 70,7% vorrebbe mmolti meno adempimenti, il 67,2% una miglior distribuzione delle mrisorse pubbliche tra i beneficiari”.

Ad esprimer “fiducia” sulla ripartenza dell’Italia dopo l’emergenza sanitaria da Coronavirus è il presidente nazionale Massimo Miani, ma ciò è mpossibile, premette, solo se l’Esecutivo ascolterà pure corpi intermedi e mondo produttivo.

(di Simona D’Alessio/ANSA)

Lascia un commento