Allarme Bce: un occupato su 10 a rischio fallimento

Un operaio al lavoro in uno stabilimento di calzature.
Un operaio al lavoro in uno stabilimento di calzature. (Ansa)

ROMA. – La ripresa estiva si scioglie di fronte al boom dei contagi in Europa. E man mano che arrivano i dati, emerge che già alla fine dell’estate l’industria aveva messo la marcia indietro, tornando in rosso.

Che gli investimenti restano al palo, come segnala il boom dei depositi bancari. Con il rischio di un “effetto valanga”, in grado di distruggere una parte rilevante di tessuto produttivo, visto che le imprese sull’orlo del default in Italia danno lavoro a un occupato su dieci: peggio solo la Spagna.

Mentre i mercati guardano al vaccino il Covid continua  a fare danni  economici che rischiano di andare ben al di là di  una semplice, sia pur prolungata, recessione. Lo stop a molte attività economiche innescato dai contagi – si pensi al turismo alla ristorazione – e dai lockdown rischia di avverare lo scenario che era stato prefigurato da Mario Draghi nel noto editoriale sul Financial Times dello scorso marzo.

La distruzione di base produttiva. In grado di abbassare il potenziale produttivo, mettendo l’economia, una volta che il ciclo economico inverte segno e torna espansivo, di non essere comunque più in grado di recuperare il livelli pre-crisi.

Quanto un simile scenario sia realistico lo mette nero su bianco un paper di quattro economisti nel Bollettino económico della Bce: non riflette la posizione ufficiale, ma trova spazio nella pubblicazione di ricerca forse più importante di Francoforte.

Nel paper la percentuale degli occupati in imprese italiane con capitale circolante negativo e considérate vulnerabili è stimata a oltre il 10% con la cig: sarebbe quasi il 14% senza.

In Spagna le due percentuali sono rispettivamente 14% e 17% circa. Sul totale delle imprese italiane, oltre il 20% di quelle italiane presenta capitale circolante negativo, oltre il 10% sono illiquide: le percentuali salgono ipotizzando l’assenza della cig.

La conclusione è che se gli aiuti alle imprese – dalla Cig ai sussidi a fondo perduto alle garanzie di liquidità – venissero ritirati troppo presto, l’Italia, la Spagna, la Francia, ma anche in misura minore la Germania rischiano un “cliff effect” sull’economia, un effetto moltiplicatore dai default aziendali, che porterebbe alla distruzione permanente di potenziale produttivo.

É un allarme che, dalla Bce alla Ue fino ai governi nazionali, si sta fronteggiando con lo sforzo congiunto di politica monetaria e di bilancio espansiva. Ma è doccia fredda su chi sperava che con l’estate – con quel balzo del Pil a doppia cifra – il peggio fosse alle spalle, che ci sarebbe stata una ripresa a forma di ‘V’. Al contrario, il rischio per alcuni è una nuova recessione.

L’Istat già la scorsa settimana aveva segnalato che la ripresa ha tirato il freno in un quadro di totale incertezza. Ora arrivano le prime conferme, con una produzione industriale a settembre tornata in profondo rosso, in calo del 5,6% su agosto e del 5,1% su anno con il tessile, l’abbigliamento, l’energia particolarmente colpiti.

Un dato che interrompe il trend di recupero degli ultimi mesi: quando, dal drammatico -43% (su anno) i un aprile in lockown, era via via migliorata a -13,9% di giugno, fino a segnare un dato quasi  invariato (-0,3% ad agosto). La Germania – che come l’Italia ha visto dati positivi su base mensile – ha fatto anche peggio a settembre (-7,3%).

Da allora in poi le prospettive sono solo peggiorate in tandem con i contagi: l’indice Zew di fiducia è crollato a novembre, 39 punti da 56,1 di ottobre. Una spia di investimenti congelati a fine anno, confermato dalla forte crescita dei depositi bancari in Italia segnalata da Bankitalia, +8,3% sui dodici mesi a settembre.

Con consumi e investimenti al palo, l’unica voce del Pil che in molti Paesi potrebbe evitare un quarto trimestre in negativo – un’ipoteca seria sulla crescita attesa per il 2021 – sembra essere la spesa pubblica.

(di Domenico Conti/ANSA)

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