Infermiere dell’ospedale Cardarelli: “Viviamo con la paura di portare il virus a casa”

Il tributo dei Vigili del Fuoco a medici e infermieri dell'Ospedale Cardarelli a Napoli.
Il tributo dei Vigili del Fuoco a medici e infermieri dell'Ospedale Cardarelli a Napoli. ANSA / CIRO FUSCO

NAPOLI. – In ospedale si vive con la paura di contrarre il virus e di portarlo a casa, contagiando la propria famiglia. Gli infermieri dell’Ospedale Cardarelli di Napoli hanno paura anche dopo la morte di una loro collega di 57 anni di Casoria.

Nella struttura sono stati allestiti padiglioni interamente dedicati al Covid, uno per la rianimazione, l’altro per la degenza ordinaria, ma capita spesso che un paziente arrivi al pronto soccorso per altre necessità, risulti negativo al test rapido, ma poi al tampone risulti positivo e, nel frattempo, è stato già ammesso in reparto.

“Solo ieri l’ultimo caso – racconta un infermiere del Cardarelli – Una donna era risultata negativa al test rapido e trasferita in reparto, poi però l’esito del tampone è stato positivo. La paziente è stata isolata, hanno sospeso anche i ricoveri di emergenza. E ora in reparto sono tutti terrorizzati”.

Tutto il personale è fornito di Dpi, “che abbiamo ottenuto dopo tante insistenze”, ora, ciò che vorrebbero in maggior numero sono le mascherine FFp3. “Siamo allo stremo proprio per tutta questa situazione – racconta -. Già durante la prima ondata molti miei colleghi si sono contagiati. Ora sta accadendo lo stesso. Alcuni tra loro sono rientrati al lavoro da qualche giorno, sono guariti, negativi al tampone, ma il loro quadro ai polmoni ancora è compromesso”.

E non va meglio agli infermieri che sono stati destinati ai Padiglioni convertiti in reparto Covid. “Sono pochissimi – sottolinea – 4 infermieri e 2 ausiliari a fronte di almeno 30 pazienti covid positivi. I turni sono di 6 ore per la mattina e il pomeriggio, di 12 per la notte. Tempo che trascorrono interamente coperti da tute, mascherine, visiere”.

La paura più grande è di portare a casa il virus. “Smonto dal lavoro, chiudo la porta alle mie spalle e comincio a tremare pensando che potrei essere positivo e infettare la mia famiglia – racconta – Durante la prima ondata ho cercato il più possibile di mantenere le distanze da mia moglie e mia figlia. Non ho dormito una sola notte in camera da letto e ho evitato di abbracciare mia figlia”.

“Se serve un lockdown? Secondo me, sì – risponde – è l’unico modo per alleggerire questa pressione che stiamo vivendo anche in reparti non covid”. “Nessuno di noi prende un solo euro in più se si fa il lockdown – conclude – questo deve essere chiaro, la gente deve capire che non stiamo scherzando”.

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