BARI. – Per quasi dieci anni avrebbero approfittato delle difficoltà economiche di tante famiglie baresi, continuando a prestare soldi ad usura, con tassi di interesse dal 60 al 5mila%, anche soli 20 euro per la spesa, speculando negli ultimi mesi sulla situazione di maggiore disagio dovuta all’emergenza sanitaria.
Le presunte aguzzine erano prevalentemente donne, aiutate in alcuni casi da mariti, fratelli e genitori, tutti arrestati dalla Guardia di Finanza di Bari nell’operazione “Cravatte rosa”. In totale le persone destinatarie delle misure cautelari sono 13 (5 in carcere e 8 agli arresti domiciliari), delle quali 10 donne, sul totale di 24 indagati, accusati di usura ed estorsione, quasi in tutti casi vicini di casa delle vittime, residenti nei quartieri popolari Japigia, San Pasquale e San Paolo di Bari. Sei di loro percepivano anche il reddito di cittadinanza.
E’ un tipico esempio di “usura domestica” quella scoperta dai finanzieri, coordinati dal procuratore facente funzione Roberto Rossi con il sostituto Lanfranco Marazia. Gli indagati, cioè, conoscevano le vittime, le loro difficoltà economiche e le condizioni di bisogno, spesso con disabili in casa, e ne approfittavano. E per ottenere la restituzione dei prestiti con gli interessi ricorrevano, come documentato da intercettazioni e pedinamenti, a violenze e minacce.
“Se non paghi vengo e ti sbrano”, “se non paghi ti brucio l’auto”, “ti mando mio figlio con la pistola”, “ti faccio saltare in aria” sono alcune delle minacce, millantando anche conoscenze e parentele nel mondo della criminalità organizzata.
L’inchiesta è partita nel maggio 2019 dalla denuncia di una anziana che in lacrime ha raccontato le richieste estorsive alle quali non riusciva più a far fronte. Le vittime, quindici quelle finora accertate, due delle quali sottoposte a protezione per le gravi minacce ricevute, erano impiegati, commessi ed operai, alcuni anche accaniti giocatori di bingo, lotto, slot machine e gratta e vinci. Uno si sarebbe indebitato al punto da vendere la propria casa.
I presunti usurai prestavano loro denaro, piccole cifre, e poi ne pretendevano sempre di più, ottenendo in pegno, quando le vittime non riuscivano a pagare, bracciali e collane in oro, che sono stati sequestrati durante le perquisizioni.
Quando i finanzieri sono andati ad arrestare gli indagati, hanno trovato anche più di 100 mila euro in contanti e contabilità occulta, cioè appunti manoscritti su erano scritte cifre e date. Le indagini hanno accertato che durante il lockdown della scorsa primavera, violando le misure anti-Covid sull’obbligo di mascherina e sul divieto di uscire di casa, una usuraia avrebbe fatto irruzione nell’abitazione di una delle vittime, mettendo anche a rischio contagio un’anziana signora allettata.
“In un periodo molto difficile come è quello del Covid – ha detto il procuratore Roberto Rossi – nessuno pensi di approfittare. Abbiamo la responsabilità ancora di più adesso di attivarci e di impedire che le risorse dello Stato e delle povere vittime siano succhiate da persone che sfruttano in maniera illecita gli altri”.
(di Isabella Maselli/ANSA)