Caos Governo-Regioni, anche M5s per riforma Titolo V

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, con il ministro della Sanità, Roberto Speranza, in Parlamento.
Italian Premier, Giuseppe Conte (L), and Minister of Health, Roberto Speranza, at the Senate during a debate on further measures to combat the spread of Covid-19, Rome, Italy, 28 July 2020. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA. – La guerra dei colori ha ridato la stura all’annoso tema della riforma del Titolo V della Costituzione, che regola i rapporti fra lo Stato e le Regioni. A riportarlo in auge è stata la suddivisione dell’Italia in aree gialle, arancioni e rosse, che ha sollevato più di una polemica fra i governatori “colpiti” dalle nuove misure restrittive anti-covid.

La questione potrebbe essere affrontata in uno dei tavoli che entro un mese dovranno fare il tagliando alla maggioranza, come stabilito nel vertice a Palazzo Chigi fra i leader delle forze al governo e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Che se ne discuta lo chiede Matteo Renzi. E sono arrivate aperture anche dai Cinque Stelle, finora fra i meno propensi. Pd e Leu ne parlano da tempo.

Ora il dibattito si sposta sul campo di azione. A Renzi non dispiacerebbe spingere la riforma un po’ più in là: “I 5 Stelle – si è sbilanciato il leader di Iv – hanno detto che sono d’accordo anche sul far dare la fiducia a una sola Camera, che è il tema del superamento del bicameralismo paritario”.

Ma il M5s frena: non è così, va bene intervenire, ma che sia in maniera chirurgica, solo sulla ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni in tema di sanità. Renzi riparte da quella “sua” riforma poi bocciata. “Quattro anni fa – ricorda – avevamo proposto di inserire la clausola di supremazia che, in casi di emergenza, permette allo Stato di bypassare le Regioni”.

Anche per il ministro delle Autonomie, Francesco Boccia, quel tipo di soluzione “ha una sua correttezza”. Ma il governatore della Liguria, Giovanni Toti, prospetta una strada opposta e auspica riforme che vadano “in una direzione quasi federalista: siamo tra le regioni che hanno chiesto una maggiore autonomia diversificata”.

Anche la Lega, con il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, difende “Regioni ed enti locali, che sono l’unico presidio ormai accanto ai cittadini”.

La questione è complessa e trasversale. Già nel 2019, tre Regioni hanno avviato un percorso per vedersi riconosciuta una maggiore autonomia: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Ma l’emergenza covid ha congelato l’iter. Come è successo con il gruppo di lavoro composto dai capigruppo di Camera e Senato e delle commissioni parlamentari, che si stava occupando del tema.

Per Paola Taverna (M5S), il punto di partenza è chiaro, e ha già depositato un disegno di legge in Senato: “Una delle cose che questa pandemia ci ha insegnato – ha detto – è che avere sistemi sanitari regionali diversi è stato un fallimento. La sanità deve essere una cosa sola da nord a sud. Equa, universale ed efficiente per tutti”.

Un concetto che il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, ripete da tempo. E ora rincara: “L’assegnazione di una regione alla zona rossa non è una pagella – spiega – Francamente siamo di fronte a reazioni ridicole e incomprensibili” dei governatori.

Poi c’è un altro aspetto, fondamentale: il fattore tempo. L’emergenza covid c’è adesso, mentre le riforme maturano lentamente. Per questo, il capogruppo Pd in Commissione Affari costituzionali della Camera, Stefano Ceccanti, ha proposto “una commissione ad hoc, di parlamentari dedicati a tempo pieno, come per il Copasir”. Insomma, il titolo del tema è uguale per tutti. L’idea di come svilupparlo no.

(di Giampaolo Grassi/ANSA)

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