LONDRA – Tempi duri per il Regno Unito: dopo aver rimandato a lungo la decisione, il primo ministro Boris Johnson ha dovuto annunciare, sabato scorso, un nuovo lockdown a partire dalla mezzanotte del 4 novembre. La chiusura si protrarrà fino al 2 dicembre. Restrizioni inevitabili, dopo che i contagi da Covid erano schizzati alle stelle, ben oltre ogni previsione governativa. Un governo che in questo periodo è impegnato su più fronti, considerato che il 31 gennaio 2021, data di entrata in vigore del Brexit, è praticamente dietro l’angolo.
Malgrado le difficoltà, molti italiani continuano a prendere seriamente in considerazione la possibilità di trasferirsi oltremanica, attratti dai grattacieli della City e dalle infinite opportunità che Londra e dintorni offrono da sempre. Come si legge nello Studio Statistico sulla presenza italiana in Inghilterra e Galles, pubblicato il mese scorso dal Consolato Generale d’Italia a Londra, “il Regno Unito è un Paese di tradizionale emigrazione italiana” e “un luogo che storicamente ha fatto della multiculturalità il suo marchio distintivo”.
Sono oltre 430mila i connazionali che oggi vivono in territorio britannico. Il fenomeno, in costante crescita soprattutto negli ultimi trent’anni, sembrava destinato a non arenarsi ma, sul suo cammino, si stanno ponendo proprio i due giganteschi ostacoli del Covid e del Brexit. Mentre però – con i dovuti accorgimenti – il problema della pandemia potrebbe trovare una soluzione entro tempi ragionevoli, l’imminente divorzio tra Regno Unito e Unione Europea sembra viaggiare nel caos più totale.
“La cosa migliore – afferma Laura Langone, Presidente della University of Cambridge Italian Society – è seguire le regole governative pubblicate online, secondo le quali chi vuole trasferirsi in UK dovrebbe farlo prima del 31 dicembre, in modo da poter presentare domanda per il pre-settled status, che permette di beneficiare degli stessi diritti di cui usufruiscono oggi gli europei. Cosa succederà dopo, ancora non lo sappiamo”.
“Al momento – sostiene Olivia Oddi, Associate Director e Deputy Pillar Head presso l’ufficio del Donor Co-Financing, alla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo – la situazione è difficile per tutti, qui in Gran Bretagna. Tuttavia – aggiunge – ci sono anche storie positive di italiani che hanno saputo dimostrare fiuto per gli affari e grandi capacità imprenditoriali offrendo, durante il primo lockdown, servizi necessari e facendo fiorire, in tal mondo, la propria attività anche in un contesto storico ed economico complicato. Bisogna, comunque, valutare con cura sia le opportunità che le difficoltà che risulteranno da questo secondo lockdown. Il governo – spiega – non ha più le risorse per sostenere le imprese come era accaduto in passato. E con l’avvento del Brexit, l’economia sarà ancora più sotto pressione”.
Per Maria Iacuzio, Presidente dell’Italian-British Association e Segretario Nazionale dell’A.I.M. Associazione per l’Italia nel Mondo nel Regno Unito, la questione del Brexit è decisamente confusa.
“Le difficoltà maggiori – afferma – riguardano chi ha basato il proprio business sulle importazioni dai paesi dell’Unione Europea e che, al momento, ancora non ha idea di cosa succederà dopo il 31 gennaio 2021”.
Il Presidente Iacuzio ha molto da dire anche riguardo alla questione del Covid:
“Più che di Regno Unito parlerei di Regno ‘Disunito’: basta vedere come Inghilterra, Galles e Scozia stanno rispondendo in maniera completamente diversa a questa emergenza. C’è grande confusione, non solo sulle regole ma anche sui supporti economici da elargire. Il governo – sottolinea – tende a centralizzare tutto mentre, ad esempio, avrebbe potuto delegare tranquillamente il ‘track&trace’ alle autorità locali. Le misure già esistevano e si sarebbero potuti utilizzare i vari centri medici, gli ambulatori e i medici di famiglia per effettuare i controlli, invece hanno voluto implementare questo strumento, che si sta rivelando completamente inefficace. La situazione – prosegue Iacuzio – è caotica anche per quanto riguarda le scuole, che sono tenute ad adottare norme governative non chiare, per cui va a finire che ognuno fa quello che vuole. In altre parole – aggiunge – ci troviamo di fronte a una assenza totale di linee guida. Per chiarire: il governo è dell’idea che i più giovani possono tranquillamente prendere il Covid perché ne verrebbero colpiti in maniera lieve, per cui non ritengono necessarie grosse
precauzioni. A mio avviso, invece, bisognerebbe rendere obbligatorio l’uso di mascherine nelle scuole e, per gli insegnanti, anche della visiera protettiva. Inoltre, si potrebbe provare ad alternare l’apertura delle scuole con fasi di insegnamento online, soprattutto in questo periodo in cui il numero di contagi è così alto, invece non vedo alcun tipo di considerazione fatta in questo senso. Anche tra le famiglie italiane con cui sono in contatto – sottolinea – c’è grandissima preoccupazione. Siamo, però, tutti costretti a osservare le regole governative, perché sono previste multe anche pesanti per chi non manda i propri ragazzi a scuola. Quindi, sta a noi genitori cercare di essere il più responsabili possibile”.
E conclude:
“La scorsa estate ho trascorso qualche settimana in Italia con la mia famiglia e ho notato che l’atteggiamento degli italiani nei confronti del Covid è molto più serio e responsabile rispetto a quello britannico. Quindi, se ci sono italiani che stanno valutando la possibilità di trasferirsi, al di là del discorso Brexit, consiglierei di pensarci bene e valutare se davvero si vuole correre il rischio”.
Anche Luigi Reale, studioso di Storia Contemporanea, nonché ex Borough Councillor della città di Bedford ed ex membro del Com.it.es. di Londra, avverte sui rischi a cui potrebbero andare incontro gli italiani che stanno pianificando un trasferimento.
“Il Regno Unito – spiega – ha rappresentato per diversi anni la meta preferita di chi ha scelto di lasciare il Belpaese per studio o per lavoro. Tuttavia, spostarsi oggi tra pandemia da Coronavirus e Brexit, diviene molto problematico. Innanzitutto, per i viaggiatori in arrivo da Paesi con alto rischio di contagio, come l’Italia, il governo britannico ha introdotto l’obbligo di isolamento fiduciario di 14 giorni, anche se per molti versi, e in alcune aree della Gran Bretagna, la diffusione del virus è di gran lunga maggiore che in Italia. Si sconsigliano, quindi, tutti i viaggi che non siano considerati essenziali. Se alla fine di questo nuovo lockdown le cose non miglioreranno, le restrizioni potranno essere non solo prorogate, ma fortemente inasprite. Oltremodo – aggiunge – ci avviciniamo all’entrata in vigore ufficiale del Brexit, prevista per il 31 gennaio 2021, con la fine dell’anno di transizione. Fino a quella data si applicano ancora le regole europee sulla libera circolazione, poi dipenderà molto se si arriverà alla firma dell’accordo con la UE oppure no. Nel caso in cui il Regno Unito esca dall’UE con un accordo, lo status e i diritti dei cittadini UE – e quindi anche degli italiani che risiedono nel Regno Unito – rimarranno invariati fino al 30 giugno 2021; seguiranno, poi, le direttive dell’accordo stesso. Nel caso, invece, non si arrivi a una firma, tutto potrà essere rimesso in discussione: naturalmente, ciò avverrebbe in forma unilaterale da parte del governo britannico. Al momento – conclude – la situazione rimane ancora poco chiara. Cosa certa, è che, dal 1 gennaio 2021, tutti gli studenti provenienti dall’Italia e da altri paesi dell’Unione che intendano iniziare un percorso di studi nel Regno Unito, dovranno obbligatoriamente richiedere un visto d’ingresso ‘Student Route’ presso l’Home Office britannico. Il servizio è già attivo dal 5 ottobre scorso”.
(Stefania Del Monte – Redazione Londra)