Falsi restauratori di beni della Chiesa, presa la banda

Il procuratore Ezio Basso durante la conferenza stampa dei carabinieri del nucleo tutela patrimonio,
Il procuratore Ezio Basso durante la conferenza stampa dei carabinieri del nucleo tutela patrimonio, Cagliari, 20 Ottobre 2020. ANSA/MANUEL SCORDO

ORISTANO. – Erano dei veri “predatori professionali”: si presentavano come esperti restauratori e proponevano a sacerdoti e direttori di istituti ecclesiastici il restauro di oggetti religiosi, soprattutto d’argento, offrendo sconti e prezzi concorrenziali. Ma al momento della riconsegna, chiedevano altre somme di denaro altrimenti avrebbero raccontato ai vertici della Chiesa o alla Soprintendenza che erano stati affidati loro, senza autorizzazione, beni tutelati.

È questa la tecnica utilizzata dalla banda criminale che i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Cagliari, coordinati dalla Procuratore di Oristano Ezio Domenico Basso, hanno smantellato. In manette sono finite cinque persone – tre in carcere e due ai domiciliari -, mentre per altre tre è scattato l’obbligo di dimora nel Comune di residenza. Tutti sono di etnia rom, quattro di loro risultavano nullatenenti e percepivano anche il reddito di cittadinanza.

I provvedimenti restrittivi sono stati eseguiti a Fontanella (Bergamo), Samarate (Varese), Bologna e Labico (Roma). Le accuse sono di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alle estorsioni. Almeno cento i raggiri scoperti dagli specialisti dell’Arma, tutti avvenuti in Sardegna. Ma secondo gli investigatori, stavano già ‘lavorando’ in altre città italiane.

Le indagini sono partite nel 2017 da una denuncia presentata da un sacerdote di Cagliari, finito nella rete dei truffatori. Poi il cerchio si è allargato, scoprendo un secondo caso a Cabras, nell’Oristanese, e via via tutti gli altri. Per convincere i sacerdoti ad affidare loro gli oggetti sacri da restaurare, il gruppo criminale presentava falsi moduli e cataloghi in cui mostravano il risultato del lavoro svolto.

Non solo: simulando di far parte di una azienda altamente specializzata, la banda aveva allestito un laboratorio dotato della strumentazione necessaria alla realizzazione di trattamenti galvanici. Di fatto gli oggetti sacri che finivano nelle mani dell’organizzione non venivano restaurati, anzi.

“Tutti gli oggetti sottoposti a questi lavori scontano i danni di operazioni invasive – scrive il gip nell’ordinanza, riportando le dichiarazioni degli esperti della Soprintendenza – gran parte dei manufatti hanno subito operazioni aggressive, invasive e scorrette sotto tutti i profili, che non hanno fatto altro che accelerare il loro processo di degrado e perdita di identità di bene culturale”.

I carabinieri hanno quantificato l’importo estorto in diverse centinaia di migliaia di euro, a cui vanno sommati il valore dei pezzi mai restituiti e i danni provocati ai beni. Il gruppo criminale, è stato accertato dalle indagini, ha investito il denaro nell’acquisto di casa e beni di lusso.

Nonostante fossero nullatenenti, infatti, vivevano in maniera agita, acquistando abitazioni, terreni e autovetture di grossa cilindrata, nonché organizzando vacanze costose e festini a base di champagne anche in località della Costa Smeralda. Insieme agli arresti è stato eseguito il sequestro preventivo di una villetta a Fontanella, di un terreno edificabile ad Azzano Decimo (Pordenone) e di tutti i conti correnti intestati agli indagati.

(di Manuel Scordo/ANSA)

 

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