La Nigeria in tumulto, coprifuoco a Lagos

Una manifestante mostra un cartello contro la Squadra speciale anti-rapina Sars, con la scritta: "Basta uccisioni, basta rapimenti, basta estorsioni, basta Sars adesso".
Una manifestante mostra un cartello contro la Squadra speciale anti-rapina Sars, con la scritta: "Basta uccisioni, basta rapimenti, basta estorsioni, basta Sars adesso". (Ansalatina)

IL CAIRO. – Giovanissima, povera e popolosa, la Nigeria ribolle. E la sua protesta – dapprima indirizzata contro un braccio troppo violento della legge e ora rivolta contro un corrotto malgoverno – ha causato un cortocircuito colossale: il coprifuoco imposto a Lagos, una megalopoli da 21 milioni di abitanti e capitale economico-commerciale del Paese.

Il provvedimento, di 24 ore a partire dal pomeriggio, è stato imposto dal governatore dello Stato federale di Lagos, Babajide Sanwo-Olu, sostenendo che la protesta è degenerata in un “mostro” di eccessive violenze ed stata infiltrata da “criminali” che hanno solo l’intento di “scatenare il caos”: “Non staremo a guardare e non permetteremo l’anarchia”, ha ammonito riferendosi implicitamente alle violenze avvenute in mattinata.

E subito il capo della polizia nazionale ha ordinato la mobilitazione di squadre anti-sommossa “per proteggere vite e proprietà di tutti i nigeriani e mettere al sicuro infrastrutture cruciali”, come sottolinea un comunicato.

Quest’ondata di proteste, la più grande degli ultimi 30 anni, sta scuotendo il Paese più popoloso d’Africa (201 milioni di abitanti il dato World Bank 2019), con un’età media di soli 17,9 anni e con il più grande numero di poveri al mondo (91 milioni nel 2018 vivevano come meno di due dollari al giorno). Transparency International colloca la Nigeria al 146/o posto per corruzione fra i 180 Paesi presi in esame.

É in questo quadro che il mese scorso la protesta è partita dai social con la richiesta, poi accolta l’11 ottobre dal presidente Muhammadu Buhari, di smantellare la Special Anti-Robbery Squad (Sars), la squadra speciale anti-rapina famigerata per i suoi sequestri, estorsioni, aggressioni e esecuzioni.

La chiusura non ha però calmato la protesta che, cominciata seguendo l’hashtag #EndSARS, è arrivata a chiedere una riforma delle forze di sicurezza e infine “un miglior governo” del Paese: democratico dal 1999, primo esportatore di petrolio d’Africa ma con 80 milioni di persone senza elettricità, secondo una rilevazione della Banca mondiale.

Con tre decessi segnalati lunedì ad Abuja, la capitale amministrativa dove sono state date alle fiamme diverse abitazioni, i morti per le manifestazioni sono finora almeno 18, tra cui due poliziotti.

Già lunedì vi era stata una semi paralisi di Lagos – città che rivaleggia con la Grande Cairo quale più popolosa d’Africa – a causa di raduni, cortei e blocchi stradali. Ma nelle ultime ore sui social sono circolate immagini anche di un commissariato in fiamme fra il giubilo di teppisti.

Diverse auto sono state incendiate ad Abuja, dove Amnesty International ha denunciato un attacco ai danni di pacifici manifestanti da parte di decine di uomini armati di machete e coltelli: da giovedì le forze di sicurezza paiono tollerare fin troppo i teppisti, denuncia la Bbc. Una ong ha sostenuto che politici locali hanno pagato i giovani per attaccare i manifestanti.

(di Rodolfo Calò/ANSA)

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