Coronavirus in Italia: più contagi, balzo terapie intensive

Un dottore della 'Casa della Salute' della ASL Roma 1 disegna un cuore con le dita della mano.
Un dottore della 'Casa della Salute' della ASL Roma 1 disegna un cuore con le dita della mano. ANSA/GIUSEPPE LAMI

ROMA. – Il trend dei nuovi casi di Covid-19 in Italia continua a crescere ormai da 10 settimane e i dati dell’ultimo bollettino del ministero della Salute non rassicurano, perché i numeri ci riportano più vicini alla situazione della prima fase pandemica di marzo-aprile che al periodo di post lockdown.

Tornano infatti a salire i contagi dopo il lieve calo di lunedì dovuto al minor numero di tamponi effettuati, sforando il tetto dei 5.900, e schizza il numero dei ricoveri in terapia intensiva, con 62 pazienti in più nelle ultime 24 ore. Quanto basta perché i medici ospedalieri lancino l’allerta: se la crescita dei casi dovesse iniziare ad essere esponenziale, gli ospedali non reggeranno oltre due mesi.

I numeri, dunque, non lasciano molti dubbi circa il fatto che il nuovo coronavirus sia tornato a correre anche in Italia, sia pure in modo minore rispetto ad altri paesi Ue: nelle ultime 24 ore si sono registrati 5.901 nuovi casi, contro i 4.619 di ieri, con 112.544 tamponi, circa 27mila più di ieri. Il totale dei contagiati, comprese vittime e guariti, sale così a 365.467. In leggero aumento anche le vittime: 41 in un giorno, mentre ieri erano 39, per un totale di 36.246. E’ il numero più alto di vittime dallo scorso 17 giugno.

Quanto alla distribuzione territoriale, l’incremento maggiore si registra in Lombardia dove si rileva un nuovo caso su sei, seguita da Campania (+635), Piemonte (+585), Lazio (+579), Veneto (+485), Toscana (+480). Nessuna regione fa segnare zero nuovi casi.

E schizza l’aumento dei pazienti ricoverati in terapia intensiva: 62 in più per un totale di 514 (ieri erano 452). un numero che ci riporta al 26 maggio, quando nelle rianimazioni c’erano 521 pazienti ricoverati. Ed il quadro non è migliore nei reparti Covid ordinari, dove è stata superata la soglia dei 5mila ricoverati: sono 5.076, 255 più di ieri.

Insomma, non è ancora emergenza ma l’allerta, soprattutto per gli ospedali, deve essere massima. Con i numeri attuali “gli ospedali italiani potranno ancora reggere almeno per 5 mesi ed al momento la situazione è gestibile, ma se dovessimo assistere ad un aumento esponenziale dei casi come sta accadendo in altri Paesi come la Francia allora il sistema ospedaliero avrebbe una tenuta di non oltre 2 mesi”, afferma Carlo Palermo, il segretario del maggiore dei sindacati dei medici ospedalieri italiani, l’Anaao-Assomed.

Se si passasse cioè dai circa 5mila casi di contagio giornalieri agli oltre 10mila come in Francia, rileva, “si rischia il crollo della prima trincea ospedaliera anti-Covid, perché gli ospedali non sono pronti a far fronte ad un’epidemia esponenziale”. “Già ora – avverte – si iniziano a registrare delle criticità, a partire dal personale sanitario carente e dalle strutture che non sempre garantiscono percorsi differenziati”.

Non solo: “Anche i reparti Covid ordinari cominciano a riempirsi, soprattutto al Sud, e questo è un segnale da non sottovalutare”. Questi reparti, spiega, “si stanno riempendo perché qui giungono i sempre più numerosi pazienti positivi che non possono effettuare il periodo di isolamento al proprio domicilio. Si tratta di pazienti nella maggior parte dei casi stabili o con sintomatologia lieve e che quindi non necessiterebbero di un ricovero ospedaliero, Non possono però restare nelle proprie abitazioni, quando non si hanno condizioni adeguate”.

Il punto, rileva, “è che mancano i necessari alberghi sanitari per questi pazienti e ciò sta portando ad un intasamento dei reparti”. Ad ogni modo, sottolinea Palermo, va detto che la situazione a livello nazionale per le terapie intensive “per il momento è abbastanza tranquilla, anche se i ricoveri stanno aumentando. Abbiamo ad ora 6mila posti di terapia intensiva, cui se ne aggiungeranno altri 3.500 circa, le cui gare sono già partite.

Inoltre, considerando che il 50% circa dei posti letto in terapia sub-intensiva, pari a circa 2mila posti, saranno utilizzati e adeguati per i pazienti Covid, in totale potremo disporre di circa 11mila posti letto tra terapie intensive e sub-intensive”.

Intanto, la strategia dei tamponi resta essenziale per rintracciare e limitare i focolai. ma proprio i tamponi, secondo l’ultimo rapporto Gimbe, rappresentano un tallone d’Achille: “Le attività di testing non sono state potenziate in misura proporzionale all’aumentata circolazione del virus, determinando un netto incremento del rapporto positivi/casi testati a livello nazionale che da metà luglio a metà agosto – conclude la Fondazione – è salito dallo 0,8% all’1,9%, per raggiungere nella settimana 5-11 ottobre il 6,2% con notevoli variazioni regionali”.

(di Manuela Correra/ANSA)