Corea Nord: l’ex ambasciatore a Roma in salvo al Sud

L'ex ambasciatore nordcoreano in Italia Jo Song-gil. in una foto di archivio.
L'ex ambasciatore nordcoreano in Italia Jo Song-gil. in una foto di archivio. ANSA/ENZO LAIACONA

ROMA. – É ricomparso in Corea del Sud l’ex ambasciatore nordcoreano in Italia sparito nel nulla dalla sede diplomatica di Roma i primi di novembre 2018, quasi alla fine del suo secondo mandato.

“Si è scoperto che l’ex ambasciatore (ad interim) Jo Song-gil è entrato in Corea del Sud a luglio 2019 ed è sotto la protezione delle autorità”, ha scritto su Facebook il deputato Ha Tae-keung, del partito di opposizione sudcoreano People Power Party.

Diverse fonti citate dalla Yonhap hanno poi confermato che Jo, 49 anni,  ha trovato rifugio al Sud con la moglie dopo il passaggio in un Paese terzo. Se confermato in via ufficiale, Jo sarebbe uno dei massimi funzionari del Nord a disertare al Sud.

Rapimento, vendette, diserzione, richieste di asilo: le ipotesi su che fine avesse fatto Jo Song-gil si sono rincorse per settimane rimbalzando tra l’Italia, l’Europa e l’Asia. Gli ingredienti di un intrigo internazionale c’erano tutti, anche perché dopo la scomparsa del diplomatico e di sua moglie la figlia 17enne dei due era stata rimpatriata a Pyongyang in seguito a un blitz di agenti speciali nordcoreani a Roma.

Ma a smentire l’ipotesi di rapimento del diplomatico era circolata, a fine gennaio 2019, la notizia della furia del leader nordcoreano Kim Jong-un che aveva licenziato diversi esponenti di alto livello, incluso un suo lontano cugino, Ho Chol, funzionario del ministero degli Esteri a capo della divisione che controlla la lealtà dei diplomatici alla leadership.

E ora la presenza al Sud di Jo è la conferma della diserzione, che mesi fa era stata attribuita alla pressione alla quale era sottoposto per procurarsi beni di lusso a favore di Pyongyang: a quanto si sa, la sede diplomatica di Roma è uno snodo cruciale per operazioni di questo tipo. A dare una mano alla fuga, secondo i media di Seul, sarebbe stato il grupo dissidente nordcoreano Free Joseon, autoproclamatosi governo in esilio.

Non si sa ancora dove sia stato ospitato Jo prima di arrivare in Corea del Sud, ma a quanto chiarito in passato proprio da Seul il diplomatico era in cerca di asilo in un Paese terzo sotto la protezione del governo italiano e di altri. Il National Intelligence Service, l’agenzia di 007 sudcoreana, non “ha potuto confermare” i dettagli della vicenda per motivi di sicurezza.

Lo stesso gruppo, in passato, aiutò la famiglia del fratellastro del leader nordcoreano Kim Jong-un, Kim Jong-nam, dopo il suo omicidio all’aeroporto di Kuala Lampur, in Malesia, nel 2017.

Jo, secondo indiscrezioni, avrebbe voluto tenere segreta la sua presenza in Corea del Sud per i timori di ritorsioni contro sua figlia e altri familiari residenti in Corea del Nord. Di solito, proprio per prevenire le fughe, i diplomatici del Nord sono costretti a lasciare in patria diversi componenti della famiglia, soprattutto i bambini.

A Jo, invece, fu concesso di raggiungere Roma nel maggio 2015 con moglie e figlia in quanto – ha ricostruito nei mesi scorsi il quotidiano sudcoreano JoongAng Ilbo – appartiene a una famiglia privilegiata: “Figlio o genero di un funzionario dei livelli più alti” del Nord.

(di Eloisa Gallinaro/ANSA)

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