Le mani della camorra su ristoranti Roma, 13 arresti

Un ristorante chiuso al centro storico della capitale, durante l'emergenza Covid-19
Un ristorante chiuso al centro storico della capitale, durante l'emergenza Covid-19 Roma 7 maggio 2020 ANSA/MASSIMO PERCOSSI

ROMA. – Le mani della camorra sui ristoranti del centro storico di Roma. Locali nel cuore della città in cui il clan Moccia di Afragola avrebbe reinvestito i capitali illeciti. È quanto emerge da un’indagine dei carabinieri del Nucleo investigativo di Roma che ha portato a 13 arresti, eseguiti nelle province di Roma e Napoli, e al sequestro di 14 locali in zone centralissime della Capitale: dal Pantheon a Castel Sant’Angelo, da piazza Navona a Trastevere.

Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di estorsione, intestazione fittizia di beni, aggravati dal metodo mafioso, e esercizio abusivo del credito. Tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip su richiesta della Dda della Capitale, anche Angelo e Luigi Moccia, ritenuti i capi dell’omonimo clan camorristico che tra gli affari aveva anche il prestito di denaro: tra le loro vittime il figlio di Gigi D’Alessio, Claudio.

Le indagini sono partite nel 2017 subito dopo la scarcerazione di Angelo Moccia. Le indagini avrebbero consentito di accertare che i clan gestivano attraverso dei prestanome diverse attività commerciali a Roma, riciclando i capitali illeciti in investimenti immobiliari e in macchine di lusso – sempre intestate ad altre persone – ed estorcendo denaro con metodi mafiosi a chi non rispettava le regole.

«I ristoranti sono di Angelo Moccia, i ristoranti di Roma sono tutti loro! Vedi che c’hanno un ‘organizzazione… ti dico…spaventosa! Spaventosa!» afferma uno degli indagati in un’intercettazione citata dal gip nell’ordinanza di custodia cautelare. In un’ altra comunicazione carpita, un altro non usa mezzi termini affermando: «quelli c’hanno veramente un esercito..ti ammazzano».

Nel corso dell’operazione di oggi è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni, anche ai fini della confisca, di parte del patrimonio del clan, del valore complessivo di circa 4 milioni di euro. Dalle indagini è emerso, inoltre, una richiesta estorsiva e di riscossione di 300 mila euro posta in essere da affiliati al clan ai danni di imprenditori che avevano ottenuto dal Tribunale di Roma la gestione di quattro locali, oggetto di un precedente sequestro di prevenzione operato per evasione fiscale nei confronti di un noto manager romano riconducibile al capoclan Angelo Moccia.

E non ci sarebbe stata solo la ristorazione nei loro ‘affari’. I Moccia avrebbero prestato anche denaro. Dalle carte dell’inchiesta emerge che il clan Moccia garantiva prestiti a Claudio D’Alessio, figlio del cantante Gigi. Il ragazzo lamentandosi delle pressioni dei Moccia, in una conversazione intercettata, avrebbe detto: «Se tu non blocchi un attimo la situazione e dai il tempo di respirare e di organizzarsi, qui non si andrà mai da nessuna parte, e quindi dico… cioè, non è che uno va a rubare la mattina che all’improvviso io ti posso chiudere…».

A ringraziare Dda e carabinieri per l’operazione la sindaca Virginia Raggi che in un tweet ha sottolineato: «Istituzioni unite per portare legalità nel nostro tessuto economico. Andiamo avanti, sempre #ATestaAlta #FuoriLaMafiaDaRoma».

Mentre la Coldiretti ha lanciato un allarme: “La malavita è arrivata a controllare cinquemila locali tra ristoranti, pizzerie e bar con l’agroalimentare che è divenuto una delle aree prioritarie di investimento della criminalità che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana della persone”.

(di Chiara Acampora/ANSA)

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