Calcio: addio al medico “azzurro” Fino Fini

Il ministro dello Sport Luca Lotti con Fino Fini (d) in occasione della tavola rotonda "S Factor: gli sportivi al tie break" al Museo del calcio a Firenze, 14 settembre 2017. ANSA/MAURIZIO DEGL'INNOCENTI
Il ministro dello Sport Luca Lotti con Fino Fini (d) in occasione della tavola rotonda "S Factor: gli sportivi al tie break" al Museo del calcio a Firenze, 14 settembre 2017. ANSA/MAURIZIO DEGL'INNOCENTI

ROMA. – Dalla Corea di Edmondo Fabbri alle imprese di Messico ’70, fino agli ultimi mesi di azzurro con Enzo Bearzot, campione del mondo nell’82 in un Mondiale rimasto nella gloria della nazionale, anche oltre le polemiche per quell’uso della carnitina. Il calcio italiano dice addio a Fino Fini.

É stato il dottore dell’Italia del pallone, ma anche direttore del centro tecnico di Coverciano, la casa della nazionale, e ideatore del Museo dl calcio che custodisce la prima maglia azzurra di Piola e i cimeli di tante avventure mondiali. “É un giorno triste per il calcio italiano”, ha detto il presidente Figc, Gabriele Gravina, ricordando un protagonista classe 1928 che ha attraversato diverse epoche.

Nel sua vita, sei spedizioni mondiali, dal Cile 1962 a quella trionfale del titolo vinto in Spagna nel 1982 dove nel frattempo il ruolo di “primo” dello staff sanitario era stato preso dal suo vice, Leonardo Vecchiet.

Fini aveva poi aggiunto una trentennale esperienza alla guida del Centro tecnico federale di Coverciano, dal ’67 al ’95, del quale aveva curato ogni dettaglio, dall’organizzazione della struttura che ha ospitato i raduni dell’Italia calcistica alla gestione della scuola allenatori federale – quella dove oggi si è laureato un altro campione del mondo, Andrea Pirlo – essendo stato nello stesso periodo anche segretario del settore tecnico Figc. A lui si debe poi l’intuizione dalla quale è nato il Museo del Calcio di Firenze, inaugurato nel 2000.

“Lo sport italiano, in particolare il calcio, perde una figura storica” lo ha ricordato il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora. “Una grave perdita per il nostro movimento e per l’Azzurro” ha commentato Gravina, che ne ha sottolineato  “passione, entusiasmo e infinita cultura”. “Restano impresse le sue parole legate alla storia come base della vita. Elemento da custodire e trasmettere alle giovani generazioni” le parole di Francesco Ghirelli, presidente della Lega Pro.

Nel 1962 Fini era entrato, con Edmondo Fabbri, nello staff tecnico della Nazionale, chiamati dall’allora presidente della Federcalcio, Giuseppe Pasquale. Fini come medico degli Azzurri, Fabbri da commissario tecnico. Entrambi furono coinvolti dalle polemiche seguite al Mondiale del ’66, quello della storica eliminazione ad opera della Corea del Nord.

Al rientro in Italia alcuni giocatori accennarono a delle fialette, le cosiddette “punture rosa”, a gambe improvvisamente molli. Episodi mai chiariti del tutto, ma nei quali Fabbri lesse una sorta di congiura ordita ai suoi danni, pur senza riuscire a provarla.

Nel 1982 allo staff medico degli Azzurri a Fini si era aggiunto Vecchiet come primo responsabile. In quella edizione, terminata con la finale vinta dall’Italia contro la Germania, fece clamore l’utilizzo della carnitina (da non confondere con la creatina), una sostanza che venne somministrata a Pablito Rossi e soci.

Nulla a che fare con il doping, solo un principio simile alla vitamina. Una sorta di ‘pozione magica’ che, come raccontò poi lo stesso Pablito, “ci dava quel qualcosa in più, se non altro a livello mentale”. Ma che al tempo fece comunque discutere. Ma il nome di Fini è legato per sempre ad altro: alla memoria azzurra.

 

 

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