Conte si gioca la carta migranti, poi sfida Recovery

Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri e Dario Franceschini, Ministro della Cultura durante la discussione sulla fiducia al nuovo governo nell'aula del Senato.
Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri e Dario Franceschini, Ministro della Cultura durante la discussione sulla fiducia al nuovo governo nell'aula del Senato, Roma 10 settembre 2019. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA. – Giuseppe Conte si gioca la carta dell’emergenza migranti per rispondere al fuoco di fila del centrodestra in chiave campagna elettorale. E accelera sui dossier scuola e Recovery Plan. I’agenda del rientro a Palazzo Chigi, dopo la breve pausa estiva, è segnata dunque dai temi più concreti ed emergenziali.

Un rientro solo “fisico” visto che, si sottolinea in ambienti vicini al premier , il capo del governo non ha mai davvero staccato, seguendo nel mese di agosto, in stretto contatto con i ministri competenti, i temi più “caldi” del momento, come quello della scuola e quello degli sbarchi in Sicilia.

Senza contare il dossier che rischia di essere uno dei pilastri del piano riforme da presentare in autunno: la rete unica. Il capo del governo mercoledì presiederà al tavolo tecnico sui migranti con il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci e il sindaco di Lampedusa Totò Martello.

Sul nodo migranti, Conte è deciso ad intervenire con risposte “immediate” – sulla scia dell’invio delle tre navi deciso nelle scorse ore – provando così a placare l’ondata di proteste che si è levata nei giorni scorsi dalla Sicilia. Solo dopo il voto sulle Regionali, si procederà poi a costruire il provvedimento che metterà in cantina i decreti Salvini.

Intanto, giovedì, probabilmente con il ministro Speranza, il governo andrà in Senato per rispondere alle opposizioni sulle polemiche legate al prolungamento dello stato di emergenza. E potrebbe fare anche cenno allo studio sugli effetti del Covid che già il 12 febbraio sarebbe finito sul tavolo del governo.

Sempre giovedì il premier riunirà a Roma i sindaci della zona del cratere e i governatori delle 4 Regioni colpite dal sisma dell’Italia centrale. Sulla ricostruzione uno scatto è necessario. E per farlo, Conte vuole attingere anche alle risorse del Recovery Fund, il tesoretto da 209 miliardi che, da un lato, si pone come “assicurazione sulla vita” del premier ma, dall’altro, rischia di innescare un assalto alla diligenza che potrebbe vedere proprio Conte come prima vittima.

Proprio il Recovery Plan sarà al centro dell’intervento che Conte potrebbe fare a Cernobbio. La sua presenza non è confermata ma fonti di Palazzo Chigi la definiscono “possibile”. Di certo, il parterre del Forum Ambrosetti attende il premier al varco. E, in vista della riunione del Ciae del 9 settembre, Conte potrebbe fornire già qualche suggestione: sicurezza idrogeologica, infrastrutture, digiltalizzazione e rete unica saranno alcuni dei trampolini di lancio di un piano di riforme che il governo, entro il 15 ottobre, vuole accompagnare alla manovra, puntando ad usare subito i 20 miliardi assegnati per i primi mesi del 2021 dall’Ue secondo il timing del piano Next Generation Ue.

Ma sul Recovery Fund Conte deve vedersela con chi vuole un ruolo centrale del Parlamento. Maria Stella Gelmini oggi chiede al premier di riferire sul piano e sui conti pubblici e lo stesso Roberto Fico, in un’intervista al Corsera, assicura che sul Recovery Plan il Parlamento “darà un indirizzo”.

Sui nodi Regionali e legge elettorale per ora Conte preferisce il silenzio, consapevole dell’effetto valanga che potrebbe avere sulla maggioranza una sconfitta per 4 a 2 (o, ancora di più, per 5 a 1) alle Regionali. Di certo, per il premier non sarà facile evitare il rimpasto di governo, stretto tra chi chiede più spazio (come Iv) e chi, come Pd o M5S, silenziosamente punta ad un turnover ministeriale.

Il post-voto, tuttavia, determinerà i nuovi rapporti di forza elettorale interni alla maggioranza. Una maggioranza che già fibrilla pericolosamente. Con il Pd pronto a sottolineare la sua corsa in solitaria contro le destre, Iv che non smette di smarcarsi dall’alleanza M5S-Pd e il Movimento in bilico tra rinascita e scissione.

L’orizzonte, per Conte, resta incerto. L’ombra di Mario Draghi per nulla scolorita. E forse non a caso Alessandro Di Battista avverte: “Draghi è l’idolo dell’establishment ma non porta nulla di buono. Non si è convertito all’interesse generale. Semplicemente, per arrivare al Quirinale è disposto persino a guidare un governo di unità nazionale”.

(di Michele Esposito/ANSA)