Ultimatum Pd sulla Legge elettorale. Di Maio: “Prima il Sì”

Comitato per il NO nel Referendum al taglio dei parlamentari.
Comitato per il NO nel Referendum al taglio dei parlamentari.

ROMA. – “Basta trucchi e furbizie, gli accordi si rispettano”. Ad una manciata d’ore dalla capigruppo della Camera che deciderà l’iter della legge elettorale arriva l’ultimatum del Pd sul legame tra il Sì al referendum del 20 e 21 settembre e l’approvazione rapida del sistema che metterà in cantina il Rosatellum.

E’ lo stesso Nicola Zingaretti, dalla Festa dell’Unità a Modena, a lanciare l’ultimatum alla maggioranza e non solo. La legge elettorale “è un tema del governo Conte”, sottolinea il segretario del Pd puntando a coinvolgere un presidente del Consiglio mai così defilato dal dibattito politico come in questi giorni.

A centinaia di chilometri di distanza, da Pozzuoli, Luigi Di Maio fornisce il suo ordine di priorità. “Votiamo Sì, poi metteremo mano alla legge elettorale e ai regolamenti parlamentari come detto”, sottolinea il ministro degli Esteri. L’ex capo politico del M5S completa il mini-tour in Campania dove, dopo diversi mesi, torna ad assaggiare la piazza.

“Il nostro slogan per il referendum è ‘Ora o mai Più’ perché votando per il Sì tagliamo 345 parlamentari. Altrimenti rimane tutto com’è”, sottolinea Di Maio, accompagnato dalla candidata alle Regionali Valeria Ciarambino. E’ soprattutto lui, in questi giorni, a portare avanti la “bandiera” del Sì. La battaglia referendaria è infatti l’unica concretamente conquistabile per un Movimento che, dopo le Regionali, si avvia al redde rationem finale.

Nei prossimi giorni Vito Crimi – che dopo il voto ha già annunciato che si farà da parte – nominerà la squadra che dovrà accompagnare il percorso dei Cinque Stelle agli Stati Generali. Sarà una squadra che coinvolgerà tutte le anime del Movimento e che dovrà affrontare la spinta che, da una parte dei pentastellati, arriva perché il congresso si tenga subito.

“Ci serve una guida all’altezza”, attacca l’ex ministro Barbara Lezzi, membro di quell’ala dura refrattaria anche ad un’alleanza organica al Pd. E pronta a sostenere il ritorno di Alessandro Di Battista a capo del M5S. L’incertezza ancora regna sulle prossime mosse dei vertici del Movimento. Nel frattempo, c’è da portare avanti una campagna per il Sì rispetto alla quale aumentano i distinguo.

Matteo Renzi ha già annunciato che sul voto in Iv ci sarà libertà di coscienza ma, finora, nessun esponente del suo partito si è espresso a favore del Sì. E il Pd non deciderà prima della capigruppo di martedì. La segreteria Dem si riunirà per convocare la direzione, che potrebbe cadere lunedì 7 settembre. E la discussione non si annuncia per niente liscia: “E’ una riforma inutile, il Pd rifletta bene”, osserva il deputato Fausto Raciti.

Nel frattempo il Nazareno vuole un primo ok, almeno in Commissione Affari Costituzionali, alla legge elettorale. E una sponda arriva da Marta Cartabia. “La Corte per la prima volta nel 2014 è intervenuta sulla legge elettorale e ha eliminato gli eccessi. Ci aspettavamo quindi una riforma fatta in Parlamento. La Corte non può legiferare, spetta al Parlamento”, puntualizza la presidente della Consulta.

Il referendum divide anche il centrodestra. Matteo Salvini si è già espresso per il Sì ma non tutti, nella Lega, sono convinti. Mentre Silvio Berlusconi per la prima volta picchetta la riforma che – spiega – “fatta così, come la vogliono i grillini, rischia di essere solo un atto di demagogia”.

Ben più alta, nel centrodestra, è la concentrazione sulle Regionali, in vista delle quali sia Salvini che Meloni hanno calcato le piazze della Puglia, “l’Ohio” delle elezioni di settembre. Zingaretti, dal canto suo, avverte: “Il Pd rappresenta la più stabile e forte alternativa alla destra di Salvini ed, eccetto una Regione, ai 5 stelle. Chi vuole battere le destre lo voti”.

Ma lo sfilacciamento dell’alleanza di governo rischia di essere decisiva. Non solo per il voto ma anche per il futuro della dirigenza Dem. E Renzi torna ad attaccare. “Vorrei mandare un abbraccio a chi è rimasto nel Pd e dice di essere riformista”, sottolinea il leader di Iv smarcandosi da qualsiasi alleanza organica con il M5S: “Non volevamo morire leghisti e non vogliamo vivere grillini”.

(di Michele Esposito/ANSA)

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