Offensiva Di Maio sul Referendum. Pd orientato per Sì

Il ministro degli Esteri, Luigi DI Maio, nella caserma dei Carabinieri a Olbia,
Il ministro degli Esteri, Luigi DI Maio, nella caserma dei Carabinieri a Olbia, 14 agosto 2020. ANSA/MAURO ORRU

ROMA. – Con la discesa in campo in Campania comincia ufficialmente l’offensiva di Luigi Di Maio per il Sì al referendum. Il ministro degli Esteri si tiene, per ora, ai margini della campagna per le Regionali ma sul taglio dei parlamentari vuole giocare da protagonista, provando ad aumentare il pressing sul Pd.

I Democratici prendono tempo. Solo con la direzione, prevista probabilmente per il 7 settembre, ufficializzeranno la loro posizione. L’orientamento maggioritario resta comunque quello per il Sì, nonostante il No arrivato da uno dei padri nobili dei Dem, Romano Prodi.

Ma molto dipenderà dalla capigruppo della Camera del prossimo 2 settembre e dalla calendarizzazione della legge elettorale, sulla quale Nicola Zingaretti vuole un primo ok già nei prossimi giorni. Per il Pd, il Sì al referendum e la legge elettorale restano legati a doppio filo.

Visti i tempi brevissimi – il voto è previsto il prossimo 20 settembre – è probabile che i Dem si “accontentino” di un via libera in commissione Affari Costituzionali. E, su questo, il M5S ha più volte ribadito la sua piena disponibilità.

Resta il rebus Italia Viva. Dai renziani sono arrivati segnali positivi ma restano distanze sul merito del sistema elettorale. “La strategia di Zingaretti è logica, lui vuole il proporzionale e allora gli ho detto: bene, mettiamo il sistema tedesco con la fine del bicameralismo e la sfiducia costruttiva. Il referendum è una barzelletta, ridurre il numero dei parlamentari e lasciare il bicameralismo perfetto fa ridere”, spiega Matteo Renzi dalla Toscana.

Ma nel Pd si sottolinea come la proposta dell’ex premier non può che svilupparsi in un periodo lungo. E un primo punto di inizio può essere proprio il taglio dei parlamentari con i correttivi previsti. Nel frattempo, il 2 settembre prossimo, scenderanno in campo i Democratici per il Sì, che vedono, tra i promotori, Stefano Ceccanti e Andre De Maria, Franco Mirabelli e Andrea Romano.

E c’è chi, come il ministro Peppe Provenzano, invita i Dem a smussare le divisioni: “La campagna non diventi un congresso interno al Pd”.

Dal Giffoni Festival Di Maio intanto comincia la sua corsa per il Sì. “In un momento di crisi economica globale derivante dalla pandemia è anche un segnale di sobrietà e di normalità”, sottolinea il ministro, che torna a negare qualsiasi deficit di rappresentatività derivato dalla riforma. Attaccando chi, in questi giorni, ha voltato le spalle al Sì.

“In questi giorni sono nati i cosiddetti ‘benaltristi’ o ‘invecisti’ che sono quelli che dicono ‘ci vuole ben altro’. Intanto iniziamo a tagliare 345 parlamentari che sono 345 stipendi, 345 costi di funzionamento”, spiega Di Maio. E a chi gli chiede se la campagna sia anche un preambolo ad un suo ritorno da capo politico Di Maio si limita a ribadire che il suo tour è finalizzato a spiegare le ragioni del Sì.

Ma, già il prossimo weekend, l’ex leader del M5S sarà in Puglia, regione chiave per le Regionali e nella quale il M5S potrebbe essere “decisivo” per una sconfitta di Michele Emiliano.

Il premier Giuseppe Conte, consapevole del mix potenzialmente esplosivo tra Regionali e referendum, mai come in questi giorni si tiene lontano dall’agone della politica. Il suo Sì al referendum lo ha scandito lo scorso 9 agosto. Ma poi ha deciso di guardare da lontano l’inizio della campagna. Così come, dopo il naufragio del suo appello ad un’alleanza organica tra Pd-M5S, anche sulle Regionali ha scelto un basso profilo.

Il premier può contare ancora su un ampio consenso: secondo un sondaggio di Demos & Pi per il quotidiano Repubblica sul consenso dei principali leader, Conte è promosso dal 60% degli intervistati, seguito da Luca Zaia e – new entry in rilevazioni di questo tipo – Mario Draghi, al terzo posto nella classifica dei leader più apprezzati dagli italiani.

E “l’ombra” dell’ex governatore della Bce è destinata ad accompagnare Conte almeno fino alla presentazione del Recovery Plan, prevista nella prima metà di ottobre. Anche per questo, almeno fino al voto del 20 settembre, Conte potrebbe optare per la prudenza. Sia su un eventuale rimpasto, sempre smentito da Conte, sia sul Mes, che il premier vorrebbe tenere ai margini delle prime riunioni di governo sul Recovery Fund.

(di Michele Esposito/ANSA)

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