Conte prepara il rientro, primo nodo la gestione fondi Ue

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel suo ufficio di Palazzo Chigi.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel suo ufficio di Palazzo Chigi. (Ufficio Stampa Palazzo Chigi)

ROMA. – A dieci giorni dalla sua sortita a Genova è ancora il ricordo di una tragedia a segnare il ritorno sotto i riflettori del premier Giuseppe Conte. Il capo del governo rompe il suo silenzio estivo con la partecipazione, nella mattinata di domani ad Amatrice, alla commemorazione del quarto anniversario del sisma dell’Italia Centrale.

Ma per Conte sarà anche la prima apparizione in vista del rientro di fine agosto. Un rientro di “fuoco”, nel quale il premier si troverà, sin da subito, a gestire il nodo Recovery Fund.

Nel corso della pausa estiva le riunioni tecniche sui 209 miliardi che l’Europa darà in forma di sussidi e presti all’Italia non si sono mai interrotte. Ma, già nei prossimi giorni, toccherà a Conte e al governo fare un primo punto politico su una gestione che rischia di incepparsi sin da subito in una ridda di voci, richieste, fibrillazioni interne ed esterne alla maggioranza.

Toccherà al premier – e al Comitato interministeriale per gli affari europei – indicare velocemente le priorità sulle quali indirizzare le risorse. Con un termine oltre il quale l’Italia non può andare: il 15 ottobre, data entro cui Conte si è impegnato a consegnare a Bruxelles il Recovery Plan nazionale.

Sui fondi europei l’attenzione è massima da parte di tutti. L’opposizione chiede con insistenza un maggior coinvolgimento del Parlamento. Le richieste delle Regioni, soprattutto nel mezzo della campagna elettorale, si faranno via via più pressanti. E dal Meeting di Rimini anche il segretario nazionale della Cgil Maurizio Landini sottolinea: “al governo chiediamo di essere coinvolti anche nella fase di progettazione relativa ai fondi europei, perché il lavoro ha permesso di reggere al virus e il lavoro lo sconfiggerà”.

Poi c’è il nodo Mes. L’obiettivo di Conte sarebbe quello di evitarne l’attivazione. Ma, complice anche la campagna per le Regionali del 20 settembre, è improbabile che il Pd non torni alla carica, puntando alla “resa politica” del M5S. Tanto che uno come il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri, che qualche tempo fa si diceva favorevole al Mes, oggi predica prudenza: “grazie al Recovery Fund possiamo farne a meno”, spiega.

Conte, nei giorni del fallimento dell’alleanza Pd-M5S, è rimasto in silenzio. Il suo appello andato nel vuoto, ragiona una fonte del Movimento, dimostra come, nonostante un alto consenso, l’influenza del premier sui partiti, a cominciare dai Cinque Stelle, abbia dei limiti.

In questi giorni il premier può contare su una sostanziale tregua con Luigi Di Maio mentre il Sì al referendum potrebbe ulteriormente blindare la maggioranza. Dal Quirinale, infatti, si è sempre escluso che l’entrata in vigore del taglio dei parlamentari possa comportare lo scioglimento dell’attuale Parlamento: c’è, infatti, la necessità di adeguare il sistema elettorale al nuovo schema numerico di Senato e Camera.

Senza dimenticare la necessaria ricomposizione dei collegi e l’emergenza Coronavirus. E, proprio la legge elettorale, sarà il primo banco di prova squisitamente politico su cui la maggioranza si misurerà a settembre. Più percorribile l’ipotesi di un rimpasto.

“Ma se ci sarà sarà un turnover molto ridotto”, spiega una fonte di maggioranza. Si tratterebbe, inoltre, di un rimpasto “interno” ai partiti ma il rischio che alla fine Conte ne resti invischiato c’è. E, forse non a caso, il premier finora ha sempre chiuso con nettezza all’ipotesi.

(di Michele Esposito/ANSA)