Frode sui fondi per il muro, arrestato Steve Bannon

Stephen Bannon in una foto d'archivio.
Stephen Bannon in una foto d'archivio. (Ansa)

NEW YORK.  – Steve Bannon, l’ex stratega populista di Donald Trump e uno degli architetti della sua vittoria nel 2016, è stato arrestato. L’accusa è quella di frode per aver partecipato a “We Build The Wall”, raccolta fondi online per la costruzione del muro al confine con il Messico, uno dei progetti che sta più a cuore al presidente americano.

L’arresto arriva in una giornata storica per i democratici, quella dell’incoronazione di Joe Biden. E rappresenta un nuovo schiaffo a Trump inferto dalle autorità di New York, sempre più una spina nel fianco del presidente. Con Bannon salgono a sei le persone associate alla campagna 2016 di Trump accusate di reati a livello federale. Oltre all’ex stratega ci sono infatti Roger Stone, Michael Flynn, Rick Gates, Michael Cohen e Paul Manafort.

Il tycoon si è affrettato a prendere le distanze da Bannon: “Non so nulla del suo progetto” sul muro e “non ho nulla a che fare con lui da molto tempo, dalla campagna elettorale e dagli inizi dell’amministrazione”, ha precisato, osservando come tutto questo sia “molto triste per Bannon”.

La Casa Bianca ha ricordato che Trump si è sempre detto convinto che il muro dovesse essere un progetto del governo perché “troppo grande e complicato per essere gestito da privati”. Una precisazione in contraddizione però con quanto dichiarato dall’ex governatore del Kansas Kris Kobach nel gennaio del 2019. “Ho parlato con il presidente, mi ha detto che l’iniziativa ‘We Build The Wall’ ha la sua benedizione e potevo dirlo ai media”.

Il fermo e le accuse mostrano come l’ex stratega della Casa Bianca sia ormai caduto in disgrazia: dalla copertina di Time nel febbraio del 2017 all’arresto. Bannon e Trump si incontrarono nel 2010 e il futuro presidente rimase talmente colpito dalle sue opinioni sulla Cina e sulle politiche commerciali da chiedergli di far parte della sua campagna elettorale.

Un compito che Bannon ha svolto con un successo portando Trump alla Casa Bianca, dove si è affermato come una delle voci più importanti, come il “padre del Trumpismo” economico. C’è lui dietro al discorso sulla “carneficina Americana” di Trump durante il giuramento, e c’è sempre Bannon dietro alcune delle politiche più controverse del presidente, dal travel ban per i musulmani all’addio all’accordo sul clima di Parigi.

Bannon è stato arrestato mentre si trovava su uno yacht di 45 metri a largo delle coste del Connecticut. É accusato insieme ad altre tre persone – Brian Kolfage, Timothy Shea e Andrew Badolato – di aver “ingannato centinaia di migliaia di finanziatori capitalizzando sul loro interesse a finanziare il muro sotto la falsa pretesa che tutti i fondi raccolti sarebbero stati spesi per la costruzione”. Le risorse, 25 milioni, sono state invece spese in modo ben diverso. A Bannon è andato oltre un milione di dollari.

Il caso dell’ex stratega non è comunque l’unica grana per Trump. Un giudice infatti ha ordinato la consegna delle sue dichiarazioni delle tasse alle autorità di New York, respingendo l’ennesimo tentativo di bloccarle. Ci sono poi le polemiche per il suo apprezzamento alla teoria complottista QAnon: “So che gli piaccio e lo apprezzo”. Poi, non contento, a chi gli chiedeva se fosse consapevole che secondo la teoria a lui spettava il compito di salvare il mondo da un complotto di pedofili e cannibali, ha risposto: “É una cosa negativa? Veramente stiamo salvando il mondo…”.

(di Serena Di Ronza/ANSA)

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