Bonus Covid, Tridico non fa nomi e si difende: “Inps è la vittima”

Cartello sul reddito di cittadinanza in un ufccio del Inps.
Un ufficio di un centro di assistenza fiscale. (ANSA)

ROMA. – Poco più di 45 minuti per non fare nomi. Né quelli dei tre deputati già denunciati e sospesi dai loro partiti per aver incassato il bonus da 600 euro per la crisi Covid, né degli altri due che l’hanno chiesto ma mai ricevuto. Pasquale Tridico è un torrente di parole e dati che riversa a raffica sulla Camera.

Collegato in videoconferenza con la commissione Lavoro, il presidente dell’Inps non ci sta a farsi processare. Si difende, enfatizza il ‘miracolo’ fatto dal suo istituto pagando quei sussidi in 15 giorni seguendo le procedure di legge (che non prevedevano limiti di reddito) e martella: “La priorità era pagare, non controllare”. Infine proclama: “In questa storia l’Inps è vittima, non carnefice”.

Resta tuttavia un ‘buco’ di due mesi: dal 30 maggio, quando il consiglio di amministrazione Inps ha saputo da Tridico delle verifiche avviate sui politici (deputati e oltre 2.000 amministratori locali) fino al 9 agosto, quando Repubblica svela il caso dei ‘furbastri’ del Palazzo. E proprio per respingere l’accusa di essere lui la fonte dello scoop, la fiumana-Tridico dilaga.

“Questa notizia non è uscita da me”, ripete con foga aggiungendo, supportato da una nota della direzione del quotidiano diretto da Maurizio Molinari, che “i nomi non li sa nessuno e non li da l’Istituto, che garantisce la privacy”. Ignora il perché di tanto fango addosso e assicura: “Le accuse sono da rimandare al mittente”. Soprattutto dice no al sospetto di “un’azione manipolata”.

In altre parole: la fuga di notizie non è stata architettata perché scoppiasse a un mese dal referendum sul taglio dei parlamentari, e sostenere così il cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle, a cui del resto Tridico non è affatto lontano.

A questo punto però la querelle sui bonus va in pausa, in attesa di altri outing e dei nomi di ‘ignoto 1 e ignoto 2′ che mancano all’appello, dopo i leghisti Elena Murelli e Andrea Dara e il grillino Marco Rizzone, unico, quest’ultimo, che oggi si difende. Sui due sconosciuti, Tridico rimanda al Garante della privacy: “Ieri è partita la lettera al Garante. Se ci fa pervenire una richiesta formale, valuteremo l’opportunità di dare i due nomi”, taglia corto.

Nel suo intervento iniziale (10 minuti a disposizione, parla il doppio), racconta spontaneamente come è nato il caso: “Il 7 agosto mi ha chiamato il direttore di Repubblica per dirmi che il suo giornale aveva scoperto la notizia sui bonus, voleva darla e mi chiedeva i nomi. Ero sorpreso”.

Aggiunge che il quotidiano aspetta ancora un giorno e il 9 scrive, nonostante il silenzio di Tridico. Da qui la decisione di avviare un’indagine interna all’Inps, annuncia il presidente pur ricordando che non è il primo caso di gole profonde. Cuore della sua audizione, e delle domande dei commissari, è come l’Inps ha gestito la partita delle indennità per i lavoratori autonomi (in tutto 8,2 milioni assegnate a marzo e aprile).

L”imputato’ fa la litania di chi ne aveva diritto e, citando i requisiti, si sofferma sul fatto che i richiedenti non dovevano essere iscritti ad altre forme previdenziali. E invece molti politici lo sono, come è emerso successivamente incrociando i dati con le due Camere e il ministero dell’Interno.

Su questo aspetto, la direzione Antifrode accende un faro a fine aprile. Cioè due settimane dopo l’erogazione della prima tranche del sussidio (“L’abbiamo fatto fra il 15 e il 20 aprile”), ricostruisce Tridico, citando segnalazioni attive su 40 mila persone. A quel punto, indagando indagando, gli 007 dell’Inps mettono gli occhi sul mondo della politica, nazionale e locale. E lo riferiscono a Tridico a fine maggio. Lui, a sua volta, al cda.

“Il 30 maggio do notizia al cda del fatto che ci sono parlamentari e oltre 2 mila politici coinvolti, ma non i nomi”, ribadisce in commissione glissando su cosa è successo nel frattempo. “Non sono passati due anni, solo due mesi..”, si limita a dire.

Parole che non convincono le opposizioni. Da Fratelli d’Italia alla Lega e Forza Italia, il mantra resta ‘Tridico si dimetta!”. Tace sulla commissione Matteo Salvini, mentre il suo partito – al momento il più coinvolto con 8 fra deputati e consiglieri, tra cui il vice di Luca Zaia – punta il dito sulla fuga. di notizie.

(di Michela Suglia e Giampaolo Grassi/ANSA)

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