Genova si ferma, dolore e rabbia due anni dopo Morandi

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, alla cerimonia in ricordo delle vittime del crollo del Ponte Morandi.
Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, alla cerimonia in ricordo delle vittime del crollo del Ponte Morandi. (Ufficio Stampa Palazzo Chigi)

GENOVA. – Un treno merci passa lento e rompe il silenzio nel momento del ricordo delle 43 vittime del Morandi, sferraglia sui binari mentre scorrono i nomi e i volti sullo schermo del nuovo Radura della Memoria: sembra che li porti con sè tutti quei sorrisi perduti sotto le macerie.

I loro padri, le sorelle, fratelli e madri piangono, non hanno mai smesso di farlo, ma due anni dopo il terribile 14 agosto 2018, ricevono un poco di conforto dalla vicinanza di Genova, che li accoglie in silenzio e piange anche lei, dal premier Giuseppe Conte, venuto “a dare il sostegno del Governo”, dal messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Parenti e autorità sono riuniti sotto al nuovo ponte, dove la commozione è grande ma a un certo punto lascia spazio alla rabbia.

Dopo un momento privato, scandito da uno spettacolo di musica e danza, Egle Possetti, portavoce del comitato, affonda i colpi. Sottolinea “l’arroganza profonda da parte di chi ha gestito il ponte e non ha chiesto scusa in tempo utile”, punta il dito sul gestore che “ha millantato manie di persecuzione per non avere potuto costruire il nuovo ponte. Per fortuna quest’ultima assurda richiesta di ricostruire è stata stracciata dalla corte costituzionale”.

Il nuovo ponte è proprio sopra la testa, così in alto da fare venire un po’ di brividi a pensare che le vittime sono precipitate da lì. Possetti teme che l’Italia possa dimenticare, dice che “non possiamo continuare a farci umiliare”, che “il Paese deve uscire dal baratro nel quale è stato fatta precipitare anche la nostra credibilità”, chiede di “mettere all’angolo un sistema marcio che ha permesso il crollo”.

Il premier Conte ascolta attento, con accanto i ministri Paola De Micheli e Alfonso Bonafede, il sindaco Marco Bucci e il presidente della Regione Giovanni Toti. Tra i 43 alberi della radura c’è spazio, ma i tanti invitati, i cronisti, le tv, la fanno sembrare piccola. La tensione amalgama dolore e rabbia.

“I nostri familiari sono vittime di una strage che non sarebbe mai dovuta accadere – dice Egle Possetti -, la giustizia è determinante ma auspichiamo riforme importanti”.

Il presidente Mattarella ha raccolto il loro appello. In un messaggio parla di “giusta richiesta di verità e giustizia”, chiede che “vengano in ogni modo evitati in futuro disastri simili”, ritiene inderogabile “sviluppare e, per qualche aspetto, ricostruire una affidabile cultura della sicurezza”.

Nella radura ci sono 130 parenti. Camminano sul terreno dove due anni fa sono precipitate le macerie con le vite dei loro cari. Si trattengono a stento: “Mischio rabbia e tristezza – dice Giuseppe Altadonna padre di Luigi, autista di un furgone -. Ci passo tutti i giorni qui sotto, abito qui. Ma sopra al nuovo ponte non ci andrò mai, da lì è volato mio figlio”.

Prima del j’accuse dei parenti, Conte dice che “le 43 vittime del crollo del ponte non potremo mai dimenticarle”. “Non vi lasceremo soli in questa vostra richiesta di accertamento delle precise responsabilità. Il vostro dolore è il nostro e la vostra ferita è la nostra”. Poi promette: “vogliamo che le nostre infrastrutture siano sempre più sicure ed efficienti”.

Il sindaco Bucci spiega che “i 43 morti sono parte della città”, che “Genova non dimentica”. Il governatore Toti spiega: “Continueremo a non dimenticare. E perché la memoria sia condivisa serve giustizia. E alla giustizia serve la verità”.

C’è tempo per scoprire la targa a Palazzo Tursi, sede del Comune, che ricorda i morti, targa sovrastata dalla bandiera di San Giorgio che i pompieri issarono sulla pila 10 del Morandi dopo il crollo. “E’ il simbolo della tenacia della città”, dice Bucci. Poi in serata Genova ha ricordato le vittime con tre fiaccolate che si sono riunite alla Radura della Memoria.

(di Alessandro Carlevaro/ANSA)

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