L’Italia scampa i dazi Usa, scure sul vino francese

Uno stand pubblicitario del vino Chianti in una feria internazionale.
Uno stand pubblicitario del vino Chianti in una feria internazionale. (Ansalatina)

ROMA.  – Gli Stati Uniti lasciano invariata in valore la lista dei prodotti europei soggetti ai dazi per gli aiuti illegali ad Airbus, optando per non mettere in atto la minaccia di aumentarli al 100% dall’attuale 15% e 25% e di includere nella lista, che ha un valore di 7,5 miliardi di dollari, altri 3,1 miliardi di prodotti.

Ora verranno rimossi dalla lista dei dazi alcuni prodotti da Grecia e Gran Bretagna, e un valore equivalente sarà invece aggiunto a Francia e Germania. Per quanto riguarda l’Italia,  nella lista del nuovo round di dazi imposti dall’amministrazione statunitense, non compaiono, come invece si temeva, pasta, olio e vini.

E, alla revisione semestrale delle misure attuative della sentenza dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), non si registrano neanche aumenti tariffari per grandi formaggi come il Parmigiano Reggiano.

“Si tratta di una decisione – afferma il sottosegretario al ministero degli Esteri Ivan Scalfarotto – che premia gli sforzi del governo ed in particolare della Farnesina e della nostra Ambasciata a Washington, nel mantenere un costante canale di dialogo con le autorità americane responsabili della politica commerciale”.

Un grande respiro di sollievo per il mondo del vino italiano e soprattutto un incentivo alla ripartenza per l’intero agroalimentare Made in Italy e la filiera delle produzioni Dop e Igp, fortemente penalizzate nelle vendite sui mercati esteri dalla pandemia e dallo stallo del comparto ristorazione.

Con la decisione dell’Ustr (United States Trade Representive) di non chiedere alcun dazio aggiuntivo alle produzioni Made in Italy, Washington stavolta ha mostrato il volto più buono per l’Italia e per le eccellenze della tavola, di fatto estranee al contenzioso Usa-Ue sulla vicenda Airbus.

Restano tuttavia nella black list i capisaldi dell’aperitivo italiano ma, il buon risultato odierno rivitalizza il comparto che torna a chiedere un azzeramento delle penalizzazioni.  Soddisfazione si registra tra tutte le organizzazioni, Coldiretti, Confagricoltura, Filiera Italia, Federvini, Origin Italia e la Cia-Agricoltori Italiani che chiede “nuove soluzioni negoziali che azzerino la stangata ancora in vigore (+25%) imposta su formaggi, salumi e liquori italiani”.

“Lavoreremo intensamente nei prossimi mesi, anche a seguito delle aperture da parte del Commissario Hogan proprio su tali sussidi, per l’abolizione dei residui dazi su alcuni prodotti agroalimentari italiani, stabiliti dagli Stati Uniti nel 2019” è l’impegno del sottosegretario Scalfarotto.

Per la ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova “adesso più che mai non è tempo di guerre commerciali. Continueremo a sostenere e incoraggiare il Commissario Ue al commercio Hogan a compiere ogni sforzo negoziale per la ricerca di una soluzione che garantisca benefici reciproci “.

Intanto secondo le elaborazioni su base dogane dell’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini (Uiv) gli Stati Uniti rappresentano il primo buyer di vino al mondo e l’Italia è tornata a essere il primo Paese fornitore. Il valore delle vendite del vino made in Italy sul mercato statunitense nel primo semestre di quest’anno, secondo dati Uiv, sfiora 1 miliardo di dollari, in crescita sia a volume (+2,9%) che a valore (+1,8%) sul pari periodo 2019.

Da qui il sollievo e la soddisfazione del comparto vitivinicolo italiano a partire dai grandi distretti toscani di Montalcino, Montepulciano e Chianti che intravedono nelle scelte commerciali Usa un punto di ripartenza.

(di Alessandra Moneti/ANSA)