Election day 20 e 21 settembre, via libera dalla Corte costituzionale

La presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia,
La presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Accademico dell'ateneo milanese, 4 Febbraio 2020. ANSA/MATTEO CORNER

ROMA.- L’election day si farà. Il via libera all’abbinamento il 20 e il 21 settembre del voto sul referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari e sulle elezioni di sette Consigli regionali arriva dalla Corte costituzionale. Ed è l’effetto della bocciatura dei quattro conflitti tra poteri dello Stato che erano stati sollevati dal Comitato promotore del referendum, dalla Regione Basilicata, dal senatore Gregorio De Falco e dall’Associazione +Europa.

Sono stati tutti dichiarati inammissibili e riguardavano sotto vari profili il taglio dei parlamentari e il relativo referendum- che in caso di vittoria dei sì vedrebbe i deputati scendere da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200- e le elezioni regionali.

“E’ la prima sonora vittora del fronte del si”, esulta il presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera Giuseppe Brescia (M5S) e il ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D’Incà esprime soddisfazione. Per il sì al referendum sembra orientato anche il Pd che con il vice segretario Andrea Orlando tende a escludere che il partito lascerà libertà di coscienza; ma dentro i dem c’è chi dissente come Matteo Orfini: non capisco, dice, il sì del Pd senza correttivi.

Delusione tra i proponenti. “La Consulta ha voluto stabilizzare il governo”, commenta il senatore di Forza Italia Andrea Cangini, animatore del Comitato per il referendum. Mentre il governatore della Regione Basilicata Vito Bardi rilancia i suoi strali contro la riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari, perché “in caso di esito positivo del referendum, comporterebbe una lesione grave della rappresentatività parlamentare costituzionalmente riconosciuta alla Regione, che verrebbe drasticamente ridotta”.

E +Europa annuncia che farà ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Domani ci sarà il deposito delle quattro ordinanze, affidate ad altrettanti giudici relatori. Ma intanto l’Ufficio stampa della Corte in una nota anticipa le ragioni della bocciatura dei ricorsi. Quello che alla vigilia sembrava avere più chances era il conflitto sollevato dal Comitato promotore del referendum sul taglio dei parlamentari e riguardava appunto l’abbinamento delle due votazioni.

La Corte (relatore Giuliano Amato) ha però ritenuto che il Comitato promotore non sia legittimato a sollevare il conflitto perché la Costituzione non gli attribuisce una funzione generale di tutela del miglior esercizio del diritto di voto da parte dell’intero corpo elettorale.

Più prevedibile la stroncatura del ricorso proposto dalla Regione Basilicata. In linea con la propria giurisprudenza, la Corte (relatore Giovanni Amoroso) ha escluso la legittimazione soggettiva degli enti territoriali, in generale, e della Regione, in particolare, perché non sono potere dello Stato ai sensi dell’articolo 134 della Costituzione.

Ed è in linea con la giurisprudenza della Corte anche il no al conflitto di +Europa, che contestava in particolare la mancata deroga all’obbligo della raccolta delle sottoscrizioni per le elezioni regionali da parte dei partiti già presenti in Parlamento. Stavolta l’inammissibilità del conflitto (relatrice Daria De Pretis) deriva dal difetto di legittimazione della ricorrente in base alla costante giurisprudenza costituzionale che nega ai partiti politici la natura di potere dello Stato.

Altre le ragioni per l’inammissibilità del ricorso del senatore De Falco (relatore Nicolò Zanon): la Corte ha ritenuto che esponesse, in modo confuso e incoerente, critiche alla legge elettorale, alla riforma costituzionale, all’accorpamento delle consultazioni, all’utilizzo dei decreti legge e, infine, al procedimento di conversione in legge degli stessi, sovrapponendo argomenti giuridico-costituzionali tra loro ben distinti.

Non solo: pur sostenendo la violazione di plurimi principi costituzionali inerenti sia il procedimento legislativo sia quello di revisione costituzionale, il ricorso non ha chiarito quali attribuzioni costituzionali del singolo parlamentare siano state in concreto lese nel corso di questi procedimenti.

(di Sandra Fischetti/ANSA)