Nuovi scontri a Beirut, mentre il governo perde pezzi

Scontri con le forze di polizia e manifestanti contro il governo libanese.
Scontri con le forze di polizia e manifestanti contro il governo libanese.. EPA/WAEL HAMZEH

BEIRUT. – La protesta che sabato ha infiammato Beirut non si ferma, con nuovi scontri alla vigilia dell’attesa riunione straordinaria del consiglio dei ministri, convocata per lunedì mattina, durante la quale sono previste le dimissioni, già anticipate nel weekend, di altri titolari di dicasteri come il ministro dell’informazione Manal Abdel Samad.

Già prima del disastro del 4 agosto, che ha causato la morte di più di 150 persone, aveva lasciato il ministro degli esteri Nassif Hitti. Una crisi nella crisi in un Libano a cui ora “serve un miracolo per uscire dal tunnel”, affermano molti commentatori.

Il premier Hassan Diab, di cui in molti vociferano dimissioni finora mai presentate, aprirà la riunione del governo e proporrà elezioni anticipate in un arco di tempo di due mesi. Ma non è detto che il suo esecutivo regga fino ad allora.

Intanto il movimento sciita Hezbollah, che sostiene fortemente il governo ma che è accusato da una parte dell’opinione pubblica di aver stoccato armi nel porto devastato dall’esplosione, ha assicurato che non intende “rispondere alle provocazioni” della piazza.

Il nome del suo leader, Hasan Nasrallah, preceduto dal titolo di ‘sayyid’ (discendente del profeta Maometto), è stato più volte oggetto di insulti, espressi verbalmente in tv e in graffiti sui muri della città. Un manichino di Nasrallah era stato ‘impiccato’ sabato a una finta forca allestita in Piazza dei Martiri assieme a fantocci raffiguranti tutti gli altri leader politici.

Parlando con l’ANSA a Beirut, un responsabile del Partito di Dio, che preferisce rimanere anonimo perché non autorizzato a parlare con i media, ha rassicurato sul fatto che il movimento armato “non intende alimentare scontri tra libanesi”. Altri membri di Hezbollah hanno confermato che i vertici del Partito hanno inviato un ordine a tutti gli esponenti di “non scendere in strada” durante scontri tra manifestanti e forze dell’ordine.

Sabato un gruppo di giovani, da più parti identificati come seguaci di Hezbollah, si era diretto dal vicino quartiere di Khandaq Ghamiq verso Piazza dei Martiri. Ma era stato bloccato dall’esercito. Hezbollah ha smentito che quel gruppo fosse del partito. Altre fonti hanno affermato all’ANSA che si è trattato di seguaci dell’altro movimento sciita, Amal, alleato di Hezbollah e guidato da Nabih Berri, l’inamovibile ma contestato presidente del parlamento.

Le fonti del movimento sciita assicurano che l’esplosione del 4 agosto è stata causata da “un incidente” dovuto alla “negligenza” e alla “corruzione del sistema”. Di questo sistema, affermano, il leader di Hezbollah, Hasan Nasrallah “non è parte. “Lui – aggiungono – è un leader esterno alle istituzioni. Non fa parte del governo”.

Hezbollah da un quarto di secolo partecipa attivamente alla scena politica nazionale e locale: ha deputati in parlamento, ministri nel governo, è da 15 anni alleato del presidente della Repubblica, gestisce gran parte del territorio nel sud, nella valle della Bekaa, nella periferia di Beirut.

Diverse vittime dell’esplosione del 4 agosto erano di famiglie sostenitrici di Hezbollah: pompieri ma soprattutto operai del porto, ricordano le fonti. “E partecipano alla rabbia collettiva contro la corruzione”. Questa rabbia stasera è di nuovo di scena in piazza dei Martiri e nella zona del Parlamento. Una nuova notte di violenza attende Beirut.

(di Lorenzo Trombetta/ANSA)

Lascia un commento