Big Tech in Congresso, al via la guerra antistrust

Il CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, durante un evento nel quartier generale dell'impresa.. ANSA/PETER DaSILVA

NEW YORK.  – L’evento dell’anno va in scena a Washington. E piú precisamente in Congresso dove, per la prima volta, Big Tech al gran completo si presenta via videoconferenza.

Gli amministratori delegati di Apple, Amazon, Google e Facebook – Tim Cook, Jeff Bezos, Sundar Pichai e Mark Zuckerberg – sono chiamati a testimoniare davanti alla política americana al termine di 13 mesi di indagini sulla Silicon Valley e 1,3 milioni di documenti consegnati.  Dovranno giustificare le loro pratiche di business e le loro parole incideranno su possibili casi antitrust nei confronti dello loro aziende.

L’elenco delle “laméntele” verso Big Tech é lungo e variegato ma la critica comune a tutte e quattro, che complessivamente hanno un valore di mercato di quasi 5.000 miliardi di dollari, riguarda la concorrenza e l’uso della forza per soffocare i rivali piú piccoli. Per Jeff Bezos, che da anni evita i riflettori, si tratta di una prima assoluta: la sua Amazon é accusata di abuso di posizione dominante sia come venditore al dettaglio sia come piattaforma che ospita venditori terzi.

Cook deve invece difendere Cupertino all’accusa si usare il pungo duro sull’App Store per bloccare i rivali e costringere le app a pagare elevate commissioni . Gli sviluppatori di app lamentano infatti di essere costretti a pagare buona fetta delle loro vendite per ottenere l’accesso agli utenti di iPhone tramite l’Apple store, per poi ritrovarsi a competere con le stesse app di Cupertino.

Lunghissimo l’elenco di lamentele anche per Google e Facebook, accusate di essere divenute forze dominanti nei social media e nella ricerca online schiacciando o acquistando le rivali.

Per Zuckerberg e Pichai l’audizione potrebbe rivelarsi particolarmente dura: sono infatti nel mirino dei repubblicani che le ritengono faziose contro i conservatori, e sono criticate dai democratici che le accusano di non fare abbastanza per contenere i discorsi di incitamento all’odio. Senza contare le critiche piovute per la cattiva informazione sulle loro piattaforme.

Per Big Tech, affermano alcuni osservatori, si tratta insomma di un momento simile a quello di Big Tobacco nel 1994, quando i manager delle maggiori societa’ di bionde si sono presentati in Congresso ribadendo a gran voce che le sigarette non creavano dipendenza.

Big Tech dovrá invece rivendicare la sua forza acquisita legalmente e senza abusi, e cerchera’ di farlo cavalcando anche lo spettro della Cina: indebolire le Big Four potrebbe dare un vantaggio alla rivali cinesi, prima fra tutte la TikTok che gli Stati Uniti vorrebbero vietare.

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