L’Egitto non rilascia Zaki, altri 45 giorni in cella

Striscione di Amnesty Bologna con il volto dello studente Patrick Zaki avvolto da filo spinato, chiendendo la sua liberazione. (Ansa)
Striscione di Amnesty Bologna, per la liberazione di Patrick Zaki nella campagna Amnesty #FreePatrick. ANSA/US AMNESTY

IL CAIRO. – Patrick Zaki resta in cella. La durezza della magistratura egiziana, spegnendo le speranze, ha deciso che dovrà rimanere almeno altre quattro settimane in carcere da indagato, dopo quasi sei mesi di custodia cautelare, resi ancor più duri dall’impossibilità di vedere genitori e parenti ed i rischi legati al  coronavirus.

Una decisione che è arrivata all’indomani della prima apparizione in aula del giovane studente egiziano dell’Università di Bologna che aveva acceso qualche speranza su una possibile scarcerazione. E che ha innescato indignazione e prese di posizione. A cominciare dal Pd, dai vertici del Parlamento europeo, l’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna e Amnesty.

Con il segretario dem, Nicola Zingaretti che in un tweet ha parlato di “violazione dei  diritti umani”,  chiedendo “al Governo di attivarsi con l’Unione Europea per porre fine con ogni mezzo a questa detenzione illegale”.

In serata fonti della Farnesina hanno espresso “forte preoccupazione” per la decisione delle autorità egiziane e sottolineato che il ministero “continua a monitorare” gli sviluppo con i partner internazionali e soprattutto europei. Le stesse fonti hanno poi ricordato le iniziative dell’ambasciatore italiano al Cairo per sollecitare il rilascio di Zaki per motivi umanitari e di salute.

I giudici egiziani hanno deciso il prolungamento di 45 giorni della custodia cautelare in carcere disposto il 12 luglio scorso nell’ambito di indagini su una presunta propaganda sovversiva su Facebook da parte di Patrick. Il pronunciamento di una corte d’assise del Cairo è seguito di poche ore un’udienza svoltasi a sorpresa domenica, per la prima volta dal 7 marzo con la presenza del giovane in aula dopo quasi cinque mesi di sessioni in absentia a causa della pandemia di Covid.

“Ieri era stata una sorpresa e oggi una pessima sorpresa. Nessuno aveva particolare ottimismo, però il fatto che fosse accaduta una cosa imprevista faceva sperare in un esito diverso”, ha commentato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

Speranze per un rilascio erano state alimentate soprattutto dagli attivisti del gruppo “Patrick Libero”, ma il mancato coinvolgimento dell’intero collegio di difesa nell’udienza di domenica deponeva a sfavore.

Di una nuova “una decisione incomprensibile e crudele della giustizia egiziana nei confronti di Patrick Zaki” ha scritto su Facebook il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, sottolineando che “l’Europa continuerà a chiedere ogni giorno libertà e giustizia con ancora maggiore convinzione” senza “mai compromessi sui diritti umani”.

Anche Emma Petitti, presidente dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna, ha affermato che da parte dell’Italia e dell’Europa serve un’azione forte e decisa”.

Intanto però Patrick resterà almeno sino all’ultima settimana di agosto (la data della prossima udienza non è stata fissata) nella sezione per indagati di Tora. E alla porte del famigerato complesso carcerario della periferia del Cairo continuerà il dolente pellegrinaggio che tutti i sabati la madre compie – senza poterlo neanche intravedere – per portargli cibo appetibile e gel per disinfettarsi le mani.

Ultimamente i secondini le hanno dato una vaga speranza: forse le visite, sospese per il covid dal 10 marzo, potrebbero riprendere dopo l’Eid al-Adha, Festa islamica del sacrificio che finisce lunedì.

Ma nell’Egitto che si sente minacciato dalla Fratellanza musulmana pur messa al bando, la Giustizia è draconiana e opaca e quindi l’incertezza continua ad affliggere i parenti del giovane.

La custodia cautelare egiziana può durare anche due anni e le frasi scritte su un account Facebook che peraltro i legali di Patrick considerano falso configurano anche “incitamento alla protesta” e “istigazione alla violenza e ai crimini terroristici”: reati che sul Nilo sono da ergastolo.

(di Rodolfo Calò/ANSA)

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