La bandiera Usa ammainata al consolato di Chengdu

Fermo immagine del consolato Usa a Chengdu, Cina, tratto da un video in Youtube
Fermo immagine del consolato Usa a Chengdu, Cina, tratto da un video in Youtube. (Ansa)

PECHINO.  – Nella notte la targa all’ingresso è stata divelta a colpi di scalpello e martello e portata via; poi, all’alba, la bandiera a stelle e strisce è stata ammainata: il consolato generale Usa a Chengdu, nello Sichuan, ha chiuso i battenti e la Cina ha ripreso il controllo della struttura.

La misura simmetrica è stata completata in mattinata, in 72 ore, nello stesso tempo che il Dipartimento di Stato Usa aveva assegnato ai diplomatici di Pechino la scorsa settimana per la serrata del consolato di Houston, accusato di essere un hub di coordinamento di spionaggio industriale e tecnologico.

I media cinesi hanno dato ampia copertura all’evento e ai lavori si smobilitazione, tenendo una diretta in streaming con l’obiettivo fisso sul compound.

Le decine di milioni di utenti e le migliaia di curiosi in attesa davanti alla struttura hanno seguito “un momento storico”, ma sono rimasti delusi perché non hanno assistito alla versione americana dei documenti bruciati nel cortile, come è invece accaduto a Houston dopo la notifica della chiusura.

Le immagini imbarazzanti erano diventate virali, generando forti critiche su un comportamento ritenuto inopportuno anche sui social media in mandarino.

Su Weibo, il Twitter cinese, l’ambasciata Usa ha postato un video sulla storia della sede con la sua inaugurazione avvenuta nel 1985 alla presenza di George H.W. Bush, quando era ancora vicepresidente, con un commiato finale: “Oggi diciamo addio al consolato generale di Chengdu. Ci mancherai per sempre”. Con i rapporti bilaterali ai minimi storici, i commenti ostili o pesantemente sarcastici si sono moltiplicati.

Non è andata molto meglio al messaggio di saluto del console generale Jim Mullinax, postato in mandarino su Twitter: “Come console generale degli Usa a Chengdu, sono sempre stato onorato di concentrarmi sulla costruzione di relazioni e al servizio di oltre 200 milioni di persone a Guizhou, Chongqing, Yunnan, Sichuan e Tibet. Ogni giorno i nostri dipendenti hanno rilasciato visti a migliaia di studenti e viaggiatori cinesi, alla ricerca di opportunità per promuovere scambi recíprocamente vantaggiosi tra i due Paesi. Ci mancheranno le persone della Cina sudoccidentale e l’amicizia che abbiamo instaurato”.

La campagna a rimarcare i distinguo è proseguita martellante. “I locali del consolato generale a Houston sono di proprietà del governo cinese: la violazione degli Stati Uniti va contro la Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari, la Costituzione Usa e il Foreign Missions Act.

Non è diverso dal furto con scasso”, ha tuonato la portavoce del ministero degli Esteri, Hua Chunying in un tweet che ha preso di mira l’ingresso con la forza dei funzionari americani a Houston.

Gli osservatori non escludono nuovi colpi nell’aspro braccio di ferro senza precedenti, motivato non solo dalle presidenziali americane di novembre, ma da uno scontro diventato sistemico.

Il South China Morning Post, quotidiano di Hong Kong del colosso Alibaba di Jack Ma, ha scritto che Pechino e Washington terranno ad agosto colloqui sul commercio: sarà un momento per esaminare i progressi fatti sulla ‘fase uno’ dell’accordo sul comercio firmato a gennaio ed entrato in vigore a febbraio.

Cina e Usa, nelle attese, dovrebbero provare ad approfondire la cooperazione economica contro i colpi inferti su scala globale dalla pandemia del Covid-19, quando invece le tensioni politiche si stanno intensificando.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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