Mascherine, test, zone rosse: decine di indagini aperte

Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana partecipa al consiglio regionale a palazzo Pirelli, Milano
Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana partecipa al consiglio regionale a palazzo Pirelli, Milano, 27 luglio 2020. ANSA / MATTEO BAZZI

MILANO. – La mancata zona rossa nella bergamasca, i test sierologici a Pavia, l’ospedale nei padiglioni della Fiera di Milano. E poi le mascherine e i camici, sempre a Milano, e in quasi tutte le province i morti nelle Rsa. Il Coronavirus sta lasciando in Lombardia anche un lungo elenco di inchieste.

Decine di fascicoli che intendono far luce sulla gestione dell’emergenza nella regione più colpita dal virus, quasi 17 mila vittime e oltre 95 mila contagi. Molti sono ancora senza indagati e senza ipotesi di reato, altri annotano già le prime iscrizioni. Come quella sulla fornitura di 75mila camici anti-Covid, poi trasformata in donazione, che vede il governatore Attilio Fontana accusato di frode.

Da settimane le varie procure sono al lavoro per stabilire se sia stato fatto tutto il possibile per contenere la diffusione della pandemia e per accertare che nessuno abbia tentato di approfittarsi della situazione straordinaria per il proprio tornaconto.

Le carte acquisite dagli investigatori non si contano, comprese quelle della Regione Lombardia relative all’idoneità delle mascherine acquisite da una azienda di pannolini. E pure le testimonianze si sprecano, tra cui quella del premier Conte e dei ministri Speranza e Lamorgese per l’indagine sulla mancata chiusura della Val Seriana.

Spese e consulenze vengono passate al setaccio dalla guardia di finanza, come nel caso dell’inchiesta, ancora conoscitiva, sulla costruzione dell’ospedale nei padiglioni dell’ex Fiera di Milano, circa 200 posti letto di terapia intensiva che hanno fatto registrare un indice di occupazione molto basso.

Ipotizza il peculato e la turbativa d’asta l’inchiesta di Pavia sui test sierologici, che vede indagati i vertici del Policlinico San Matteo e della multinazionale Diasorin, accusati di un ingiusto vantaggio all’azienda rispetto alle concorrenti. La principale eredità giudiziaria del Coronavirus è però rappresentata dalle Rsa, dal Pio Albergo Trivulzio alla Fondazione Don Gnocchi.

Anche in questo caso viene tirata in ballo la Regione Lombardia, che con la delibera dell’8 marzo ha consentito l’invio di persone positive al virus nelle strutture per alleggerire la pressione sugli ospedali. Spetterà ai magistrati stabilire eventuali responsabilità per i numerosi morti, con le famiglie che chiedono alla Comunità europea di vigilare sulle indagini. Perché, dicono, potrebbero esserci gli estremi per il reato di crimini contro l’umanità.

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