Famiglie preoccupate. Rischi incombono sulla ripresa

Un Carabiniere controlla l'autocertificazione di cittadino a Corsico, vicino Milano.
Un Carabiniere controlla l'autocertificazione di cittadino a Corsico, vicino Milano. ANSA/ SERGIO PONTORIERI

ROMA. – Quelli sulla fiducia sono i dati più freschi sullo stato di salute dell’economia. Pescati e riferiti al mese in corso: luglio. Dati da cui emerge un quadro contrastante: il pessimismo torna a serpeggiare tra i consumatori, mentre le imprese mostrano un “sentiment” ancora in recupero.

Ma l’umore anche per le aziende, anzi soprattutto per loro, resta “distante dai livelli precedenti l’emergenza sanitaria”. A dirlo è lo stesso Istat diffondendo i dati.

A preoccupare le famiglie non è tanto la situazione attuale. Anche perché ormai l’effetto di rimbalzo post-lockdown si è esaurito. Ma si teme per il futuro. Il pericolo, da più parti avvertito, di un autunno caldo si avvicina.

Il Centro studi di Confindustria conferma che il terzo trimestre, quello estivo, vedrà il Pil virare in positivo. La ripresa però, sottolinea, è stata “parziale”. E, mette in guardia viale dell’Astronomia, “i rischi che si affievolisca sono alti”.

Sulla stessa linea la Consob che tiene a chiarire come la pandemia non sia stata ancora superata. La convivenza con il virus “continuerà a generare ripercussioni economiche”,  sentenzia la commissione che vigila sui mercati finanziari.

Guardando ai dati, la flessione dell’indice di fiducia per i consumatori è stata “leggera”, si è passati da 100,7 a 100. Pochi decimali, dopo la rimonta compiuta a giugno. Ma il segnale è di un’inversione di rotta che restituisce il senso di “incertezza”.

Percezione confermata da Confcommercio. “Le famiglie manifestano preoccupazione per i prossimi mesi, atteggiamento che già si riflette sulla decelerazione della dinamica dei consumi”, spiega. L’associazione infatti in uno dei suoi ultimi report parla di un recupero difficile sul fronte della spesa, in riduzione di oltre il 15% su base annua.

Inoltre i timori degli italiani toccano le condizioni in cui versa l’economia del Paese,  più che la situazione personale, ámbito dove prevale una visione più rosea.

Passando alle aziende, l’umore migliora per il secondo mese consecutivo (da 66,2 a 76,7). Ciò non basta a colmare gli oltre venti punti che separano i livelli di oggi da quelli pre-Covid.

Segnali “deboli” per Confesercenti, che lamenta il tracollo del settore turistico. “Gli effetti di questa crisi, per molte imprese, non rientreranno – dice – in tempi brevi. Dopo le conseguenze dirette del lockdown, nei prossimi mesi emergeranno gli esiti legati alle perdite di posti di lavoro”.

Il problema, rileva Confindustria, è “il freno” che pesa sulla domanda, che anche dopo le riaperture “resta bassa”. Il concetto è che la velocità della ripartenza non è tale da consentire un riaggancio ai valori precedenti al deflagrare dell’emergenza.

Lo dimostra l’export extra-Ue, che a giugno segna un nuovo e deciso rialzo congiunturale (+14,9%). Una crescita stavolta accompagnata dall’aumento dell’import. Ma rispetto all’anno prima è stato perso circa un sesto delle vendite.

E non potrebbe essere altrimenti, visto che le esportazioni verso gli Stati Uniti cedono il 22,4% e quelle dirette all’area Mercosur, che comprende il Brasile, il 32,7%. Conforta, sul fronte liquidità, il fatto che il Csc sui prestiti garantiti noti un flusso “ampliato”.

Per capire però da dove si riparte bisognerà aspettare il prossimo venerdì quando l’Istat darà la stima sul Pil del secondo trimestre. Periodo che dovrebbe segnare il punto di minimo, con un arretramento secondo le stime degli analisti tra il 9% e il 10%.

(Marianna Berti/ANSA)

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