La partita delle riforme, su fondi l’ultimo test del Governo

Il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti (sul monitor Giuseppe Conte) ospite della trasmissione di Rai 3 ''In mezz'ora in più '' condotta da Lucia Annunziata
Il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti (sul monitor Giuseppe Conte) ospite della trasmissione di Rai 3 ''In mezz'ora in più '' condotta da Lucia Annunziata, Roma 22 dicembre 2019. ANSA/GIUSEPPE LAMI

ROMA – Nel giorno della standing ovation per Giuseppe Conte è soprattutto un tweet a concentrare l’attenzione della maggioranza: quello di Nicola Zingaretti sull’attivazione del Mes. La partita, nonostante il sì dell’Ue al Recovery Fund, è tutta lì, in quella linea di credito che, nonostante i 209 miliardi del piano Next Generation Ue, per Pd e Iv resta fondamentale.

Dire che il blitz del segretario Pd abbia irritato Conte sarebbe fuorviante. Ma, forse per la prima volta, il capo del governo in queste ore sta valutando un’opportunità: quella di anticipare il redde rationem sul Mes. Anche perché “l’attrazione morbosa” – parole dello stesso premier, rivolgendosi oggi ai media – sul Pandemic Crisis Support rischia di trasformare il Recovery Plan italiano in un percorso a ostacoli insidiosissimo.

E, nel pomeriggio, una fonte che ha dimestichezza con Palazzo Chigi abbozza un”ipotesi, quella secondo la quale Conte decida sul Mes prima della pausa estiva, in un senso o nell’altro. Il rinvio del redde rationem a settembre sul Mes è, in primo luogo, l’obiettivo di un M5S che, sul sì fondo salva-Stati, è destinato a spaccarsi.

“Ora come ora non ha senso chiedere il Mes e Conte non può che pensarla allo stesso modo”, spiega una fonte autorevole pentastellata. E, nella maggioranza, non sono in tanti a scommettere sull’ok di Conte al fondo salva-Stati. Anzi, nel Movimento la convinzione è un’altra: che il tam tam dei Dem sia finalizzato soprattutto a prendersi “lo scalpo” dei pentastellati. Ed è un tam tam che, osserva una fonte di governo, è cresciuto proprio mentre si va infrangendo il progetto di un primo voto sulla legge elettorale prima della pausa.

C’è poi un altro scenario, al momento meno realistico (ma Stefano Fassina di Leu lo evoca) che circola nel Movimento. Quello di basare sul Mes un cambio della maggioranza, che si trasformerebbe così nell’alleanza dei partiti favorevoli al fondo salva-Stati: una parte del M5S, Pd, Iv e FI. Sul fatto che tale maggioranza abbia i numeri nessuno ci scommette ma a Palazzo Madama, mai come in questi giorni, c’è un certo dinamismo.

Intanto hanno detto addio a FI i “totiani” Paolo Romani e Massimo Berutti, e Gaetano Quagliariello. Sono approdati al Misto e si dicono fermamente all’opposizione ma chi può escludere un loro appoggio esterno futuro? Dai tre fuoriusciti, intanto, sarebbe partito un pressing su Antonio De Poli per formare un’unica componente, con il simbolo dell’Udc e con un nuovo acronimo: Ppi, Progetto per l’Italia.

La maggioranza, insomma, resta instabile. E il voto sulle Regionali potrebbe trasformarsi in un ulteriore tsunami. Anche per questo, nel premier, si fa strada la tentazione di affrontare il tema Mes nell’esecutivo prima che in Parlamento. “La vera partita del governo, già prima dell’inizio del negoziato sul Recovery Fund, è sempre stata solo una, quella sul Mes”, spiega una fonte pentastellata dell’esecutivo.

Sul fondo cresce anche il pressing dei governatori anche perché, a fine agosto, inizia una nuova campagna elettorale. Nei prossimi giorni, Mes o non mes, Conte metterà mano comunque al pallottoliere dei fondi Ue e alle sue diverse destinazioni. Si avvarrà di una task force, nonostante lo scetticismo di M5S e Iv. Task force che potrebbe fargli da scudo all’ “assalto” alle risorse Ue previsto ampiamente dalle parti di Palazzo Chigi.

“C’è soddisfazione, ma nessun trionfalismo”, spiegano fonti vicine al premier descrivendo la consapevolezza del carico di lavoro che attende l’ex avvocato del popolo. Saranno settimane calde, durante le quali su Conte potrebbe crescere anche il pressing affinché si prenda la leadership di un M5S a rischio implosione. “Si iscriva, sarebbe una grande risorsa su cui contare”, spiegava Luigi Di Maio in mattinata dalle pagine di Repubblica.

E chi conosce il ministro degli Esteri assicura che nelle sue parole non c’è alcun odore di trappola: “Conte, se volesse, potrebbe davvero prendersi il ruolo di leader o di frontman del M5S. Risolverebbe una serie di ambiguità che rischiano di danneggiare il Movimento”, si sottolinea.

(di Michele Esposito/ANSA)

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