Notte di sangue a Chicago, Trump invia i federali

Chicago, il luogo della sparatoria isolato dalla polizia
Chicago, il luogo della sparatoria isolato dalla polizia. Scott Olson/Getty Images/AFP == FOR NEWSPAPERS, INTERNET, TELCOS & TELEVISION USE ONLY ==

NEW YORK. – Si allunga la scia di sangue a Chicago, divenuta emblema di un’America sempre più violenta. Un’imboscata durante un funerale per la vittima di una sparatoria causa 14 feriti e offre a Donald Trump la possibilità di lanciare il suo affondo contro le città roccaforte democratiche, fra le quali Chicago.

“Questo bagno di sangue deve finire. Invieremo agenti federali a Chicago e Albuquerque”, oltre a Kansas City dove sono già stati dispiegati, annuncia il tycoon. “Il mio compito come presidente è proteggere gli americani”, dice scagliandosi contro i sindaci e le autorità locali che si sono lasciati sfuggire la situazione di mano. Li definisce “estremisti” alla guida di città “dove non c’è più la legge”, ostaggi di quella “sinistra radicale”, che “vuole tagliare i fondi e abolire la polizia. Io invece la ringrazio e la onoro”, mette in evidenza Trump, secondo il quale il balzo della criminalità nelle metropoli a stelle e strisce è proprio legato al recente trend di insulti e critiche alla polizia seguiti alla morte di George Floyd.

L’aumento dei crimini violenti – gli fa eco il ministro della Giustizia William Barr – è la “reazione estrema alla demonizzazione della polizia”.

A un taglio dei fondi alla polizia Trump si oppone fermamente e una buona parte degli americani è con lui. Solo il 40% degli americani – secondo un sondaggio di Washington Post/Abc – sostiene la riduzione delle risorse per gli agenti e lo spostamento dei fondi a servizi sociali. Per il tycoon si tratta di un punto di forza importante, sul quale far leva per la rielezione alla Casa Bianca in una campagna elettorale che al momento lo vede indietro rispetto a Joe Biden. Che lo ha definito “il primo razzista eletto alla Casa Bianca”.

L’affondo di Trump su Chicago + probabile che scateni una serie di reazioni a catena. Poco prima dell’annuncio del dispiegamento in città di agenti federali, quindici sindaci avevano pubblicato una lettera aperta chiedendo il ritiro delle truppe da Portland, in Oregon, e l’abbandono del piano della Casa Bianca di inviare para-militari in altre città democratiche.

Fra i firmatari della missiva c’era proprio il sindaco di Chicago, ma anche quelli di Atlanta, Washington Dc e Los Angeles. Nella lettera i sindaci hanno descritto il tentativo di Trump di inviare agenti federali senza l’approvazione delle autorità locali un “abuso di potere. Queste sono tattiche che ci aspettiamo da regimi autoritari, non nella nostra democrazia”.

La sparatoria di Chicago è stata il risultato di una guerra fra bande, spiega la polizia che ha fermato una persona e da ore cerca di strappargli informazioni. Secondo le ricostruzioni, un’auto nera ha aperto il fuoco contro una piccola folla nei pressi di un’agenzia di pompe funebri nell’area di South Side, scatenando la reazione immediata dei partecipanti alla commemorazione.

“Sembrava di essere in guerra”, riferiscono alcuni testimoni oculari. I colpi sparati sono stati in tutto 60. L’auto ha continuato a sparare in movimento fino a che non si è schiantata qualche isolato dopo. I passeggeri – tre o quattro – si sono immediatamente dati alla fuga, disperdendosi in tutte le direzioni.

“Ci sono troppe pistole nelle nostre strade e sono nelle mani di persone che non dovrebbero possederle”, afferma il sindaco di Chicago, Lori Lighfoot, invitando tutti coloro che hanno informazioni su quei “codardi” che hanno aperto il fuoco contro un funerale a farsi avanti.

“Troppe persone hanno sofferto. Troppe persone hanno partecipato a funerali. Quando una persona impugna una pistola, noi come città ne soffriamo. E questo non è quello che siamo”. Parole che però non bastano a placare la rabbia dei cittadini di fronte a una situazione che appare incontrollabile: al 2 luglio Chicago almeno 336 persone sono state uccise con colpi di arma da fuoco.

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