BRUXELLES. – Fino a poco tempo fa erano considerati tradizionali alleati della Germania e quindi anche della Francia. Ma adesso i Paesi del cosiddetto gruppo dei frugali – Olanda, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia – hanno deciso di ribellarsi e andare per la loro strada attraverso una prova di forza che ha avuto successo e apre scenari inediti per gli equilibri interni all’Ue e per il suo stesso futuro.
Così viene vista a Bruxelles la contrapposizione andata in scena tra i cinque falchi e l’asse franco-tedesco sul Recovery fund, lo strumento che, secondo Parigi e Berlino, doveva mettere a disposizione dei Paesi più colpiti dalla pandemia 500 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto.
La cifra finale emersa dal braccio di ferro svoltosi tra l’olandese Mark Rutte e l’austriaco Sebastian Kurz da una parte e Angela Merkel e Emmanuel Macron (sostenuti da Italia e Spagna) dall’altra non è ancora definitiva. Ma una cosa è certa: non sarà quella che aveva proposto la coppia franco-tedesca.
“Unirci è stata sicuramente la decisione migliore” perché, davanti a Paesi come “Germania e Francia, i più piccoli da soli non avrebbero peso”, ha detto Kurz parlando a Bruxelles. E il collega Rutte ha osservato che ormai è finito il tempo in cui tutti dovevano seguire le proposte che venivano avanzate da Francia e Germania.
Ma per il ministro degli Esteri lussemburghese, Jean Asselborn, si tratta di un atteggiamento “completamente sbagliato”. La cooperazione franco-tedesca, secondo Asselborn, continua ad essere al centro dell’Ue ed è il motivo per cui l’Unione è stata fondata. La ribellione dei frugali ha danneggiato l’idea di solidarietà e lo spirito comunitario. Tanto che oggi è difficile capire che cosa tiene insieme i Paesi dell’Ue.
“Se questo fosse stato lo spirito generale nel 1989 – ha osservato ancora Asselborn – la riunificazione tedesca non sarebbe stata così veloce” e forse oggi non avremo né l’euro, né il trattato di Schengen per la libera circolazione delle persone.
Ma c’è anche un altro aspetto da considerare. I cinque falchi del Nord, tutti insieme, rappresentano poco più del 10 per cento della popolazione dell’Unione. Eppure sono riusciti a condizionare scelte che riguardano anche il restante 90 per cento degli europei.
“L’Unione è ormai paralizzata dal meccanismo dell’unanimità non più adatto ai tempi”, ha osservato l’ex premier belga Guy Verhostadt. “E’ arrivato il momento di cambiare – ha aggiunto – e questo può essere fatto solo attraverso la Conferenza sul futuro dell’Europa” che dovrebbe partire al più presto possibile.
(di Enrico Tibuzzi/ANSA)