Tramonto della Rosetta, da pane icona di Roma a prodotto per nostalgici

Un cesto di fornaio ripieno di "rosette".
Un cesto di fornaio ripieno di "rosette". (ANSA)

ROMA. – Non si può parlare ancora di una missione impossibile o di un “chi l’ha vista”, ma ormai della rosetta, pane tipico romano dei pasti e delle merende di molte generazioni, sembra quasi non esserci più traccia con il rischio, già presente in alcune fasce di consumatori, di un’operazione nostalgia dopo aver praticamente anche perso o quasi la ciriola, altro pane tipico per eccellenza di Roma.

Ormai nella Capitale sono più che altro solo i forni storici a produrre in numero “contingentato” la rosetta, “parente” della michetta di Milano, con acqua, farina e lievito di birra e una implicazione di lavorazione e lievitazione mediamente lunga.

Per molti dunque di questo pane soffiato vuoto all’interno, dorato, croccante e friabile, somigliante vagamente a una rosa, da farcire in particolare con mortadella, salame o formaggi, sembra restare solo il ricordo del sapore. Oggi infatti- secondo quanto riportano panificatori e operatori del settore- la produzione nei forni della città si è sempre più ridotta (da una media di 50 kg giornalieri ai 20 kg di questi ultimi anni) o addirittura scomparsa per scelte commerciali e per motivi di procedura di lavoro che comportano determinate macchine speciali e un tempo di preparazione mediamente lungo.

Una situazione, spiegano gli operatori, che “non renderebbe più conveniente la produzione e che ha lasciato spazio a lievitati come le ‘ciabattine'”.

Attualmente l’acquisto della rosetta è più facile nella periferia della Capitale che nel centro città, dove maggiormente vince la logica di preferenza di consumo che negli anni ha visto emergere prodotti salutistici e quelli realizzati con grani antichi e territoriali.

“La diminuzione produttiva della rosetta- spiega Claudio Conti, presidente dell’Associazione Italiana Panificatori Assipan- va inserito in un discorso più ampio e nel ciclo di una diminuzione del consumo del pane in Italia, che oggi è arrivato a 60 grammi pro-capite”.

“I motivi del trend in calo della rosetta- aggiunge- sono tra i più diversi, dal macchinario al tempo di produzione, fino alla scelta del consumatore, sempre più orientato verso prodotti salutistici e con grani antichi”.

Claudio Conti tiene inoltre a ricordare però che “per l’aumento del consumo si sta facendo molto, promuovendo lievito madre e grani antichi e relativamente a prodotti con una ‘pezzatura’ di circa 500 grammi. La rosetta è invece di 70 grammi”.

A testimoniare l’andamento in flessione della rosetta è anche Roberto Paladini, uno storico panificatore di Roma e titolare di un forno: “Al momento – dice – produco giornalmente 10 kg di rosette contro i 60 kg di ciabattine, per scelte di consumo. Tra i motivi che portano il consumatore – precisa – a preferire la ciabattina invece che la rosetta è, ad esempio, che la prima non si schiaccia a differenza della seconda. Il prezzo della rosetta è di 2,50 euro al kg contro i 2,70 euro al kg delle ciabattine perché sono tirate a mano”.

La situazione comunque è determinata dal consumatore che, conclude, “manifesta sempre maggiore preferenze per prodotti ricercati e lavorati con grani antichi”.

(di Gianluca Pacella/ANSA)