Da Aspen un progetto per l’Italia post Covid

Una conferenza presso la sede dell'Aspen Institute.
Una conferenza presso la sede dell'Aspen Institute.

MILANO. – Imprese, investimenti, infrastrutture, istituzioni, innovazione: sono le cinque ‘I’ per cambiare l’Italia, per trasformare l’emergenza dettata dalla pandemia in un’occasione per modernizzare il nostro Paese. Sono i capitoli portanti del documento promosso dall’Aspen Institute che raccoglie le proposte di un gruppo di esperti ed economisti.

E che vuole essere, come spiega Alberto Quadro Curzio, un punto di partenza, un ‘work in progress’, una risorsa per decisioni utili per l’Italia. “Sono proposte concrete ma non necessariamente conclusive: il ‘metodo Aspen’ – spiega all’ANSA l’economista, che ha avuto un ruolo di coordinamento del rapporto – è interattivo, basato su diverse competenze che dialogano fra loro senza voler avere una predominanza. E’ un metodo che si esprime anche sulla composizione di orizzonti temporali diversi dettati dai partecipanti, sulla collaborazione tra esponenti che chiamiamo ‘junor’ e ‘senior'”.

Secondo il documento, che si articola in un centinaio di pagine, “la ripartenza” tra gli altri elementi “deve avere al suo centro l’impresa: attore sociale responsabile, soggetto di iniziative economiche e culturali essenziali nei momenti cardine della storia italiana”.

Per questo tra le proposte di investimento è anche “possibile ipotizzare l’emissione di un prestito obbligazionario convertibile in quote di un Fondo dedicato, che sia finalizzato al sostegno delle migliori medie imprese italiane. L’emissione, ad esempio a 10 anni, dovrebbe essere curata dalla Cassa Depositi e Prestiti e potrebbe avere un valore di circa 100 miliardi.

Con le risorse raccolte, la Cdp costituisce un Fondo che investe nel rafforzamento patrimoniale di medie imprese leader nei rispettivi settori di appartenenza”, spiega il lavoro dell’Aspen Institute.

“In linea più ampia per il modello italiano sarebbe utile puntare a una partnership tra pubblico e privato, dove la parte pubblica non diventa soggetto imprenditoriale, ma piuttosto soggetto ‘facilitatore’ che non si sostituisce alle imprese e che punti anche al consolidamento delle Pmi, uno dei nostri patrimoni essenziali, quelle filiere integrate di aziende che detengono ancora grandi capacità di export”, aggiunge Curzio, secondo il quale ciò che emerge dal rapporto per affrontare il dopo pandemia è soprattutto “la necessità di intervenire con urgenza, ma mantenendo un orizzonte temporale ampio: non possiamo mettere pezze qua e là senza un progetto di lungo tempo”, conclude l’economista.

(di Alfonso Neri/ANSA)

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