Le mani della ‘ndrangheta sui fondi Covid, otto arresti a Milano

Un auto della Guardia di Finanza
Un'auto della Guardia di Finanza ANSA/CESARE ABBATE

MILANO. – Le mani della ‘ndrangheta sugli aiuti economici stanziati in seguito alla pandemia da Coronavirus. Con 60 mila euro a fondo perduto incassati illecitamente e altri 250 mila che rientrano nei prestiti agevolati previsti dal fondo per piccole medie imprese richiesti ma bloccati.

E’ quanto ha messo in luce la magistratura indagando sugli ‘affari’ che la criminalità organizzata ha tentato di fare sfruttando l’epidemia e i finanziamenti previsti dal Governo per far fronte all’emergenza. Gli accertamenti del pm della Dda di Milano. Bruna Albertini, hanno portato il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza ad arrestare 8 persone, di cui 4 in carcere e altrettante ai domiciliari, per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale aggravata dal metodo mafioso e dalla disponibilità di armi, autoriciclaggio, intestazione fittizia di beni e bancarotta.

L’ordinanza, con cui il gip Alessandra Simion ha disposto anche l’obbligo di presentazione alla pg per altre due persone, descrive ancora una volta i tentativi della mafia calabrese di infiltrarsi nell’economia del Nord. Il principale indagato, Francesco Maida, organico al clan della ‘ndrangheta capeggiato da Lino Greco di San Mauro Marchesato, nel Crotonese, e i suoi più stretti sodali, Luciano Ivaldo Mercuri e Giuseppe Arcuri sono ritenuti artefici di “una complessa frode all’Iva nel settore del commercio di acciaio” con fatture false e attraverso società “cartiere” e “filtro”, anche all’estero, intestate a prestanome.

Società italiane e bulgare, di fatto gestite da affiliati al clan che fa capo a Greco, una “cosca federata” a quella di Cutro che fa capo a Grande Aracri, e che realizzavano un fatturato fittizio. I tre, secondo la ricostruzione, avrebbero anche gestito alcune armi della cosca. Ed è proprio questo fatturato truccato in modo da far risultare quello di quest’anno di gran lunga più basso, che ha consentito a tre società riconducibili a Maida di ottenere illegalmente circa 60 mila euro a fondo perduto: 45 mila ero sono andati a Clessidra White, 2000 ad Almagest e circa 11mila a Impianti srl. I

noltre, come si legge nel provvedimento del giudice, “a partire dall’11 giugno”, sempre Maida, aiutato da un prestanome ma formalmente titolare di una delle società finite nel mirino della Gdf, “si cominciava ad attivare presso almeno tre istituti di credito (Monte Paschi di Siena, Bpm e Deutsche Bank) per ottenere i contributi stanziati dal Governo” per le imprese “attraverso l’adozione di misure urgenti in materia di accesso al credito”.

Circa 250 mila euro è la cifra che emerge da una prima stima, mai ottenuti in quanto le pratiche sono state bloccate. Nelle pieghe dell’inchiesta viene a galla anche un sistema di ‘lavaggio’ dei soldi sporchi che viaggiava lungo l’asse Italia-Cina architettato assieme a Sang You Zhang, detto Valerio, e residente a Prato e pure una truffa da 200 mila euro a due istituti di credito, Ubi e ex Bpm, mediante l’istruzione di pratiche di accesso al credito che aveva lo scopo di “distrarre risorse a proprio esclusivo vantaggio” (Maida vive a Milano in un lussuoso appartamento a City Life) e a vantaggio del clan.

Oltre agli arresti nell’operazione che ha riguardato molte regioni italiane, sono stati sequestrati beni, tra auto, moto, orologi di valore, denaro contante e partecipazioni finanziarie, per 7,5 milioni di euro.

(di Francesca Brunati e Igor Greganti/ANSA)

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