ROMA. – Culle mai così vuote nel nostro Paese, dove la popolazione diminuisce sempre più mentre aumentano i casi di italiani che emigrano all’estero. L’Istat ha segnalato un nuovo minimo storico di nascite, numeri ancora giù nel 2019 e mai registrati dai tempi dell’Unità d’Italia. Il calo è ora del -4,5%, con oltre 19 mila nuovi nati in meno rispetto all’anno precedente: nel 2019 sono stati iscritti in anagrafe per la nascita 420.170 bambini.
L’assottigliamento delle cifre sulla nuova generazione in arrivo è un ulteriore tassello del declino demografico: dal dato degli oltre 60 milioni di residenti in Italia si sottraggono in un anno altre 189mila unità (-0,3%). Una curva discendente cominciata già nel 2015, quasi 551mila residenti in meno negli ultimi cinque anni, segnata dal continuo aumento dell’emigrazione di italiani (+8,1%) ma anche dal calo di cittadini stranieri che arrivano nel Paese (-8,6%).
E tra coloro che si trasferiscono all’estero aumenta chi decide la cancellazione dall’anagrafe (+16,1%).
Ad influire sul calo diffuso di nuove nascite, più accentuato al Centro (-6,5%), negli ultimi anni è stata la progressiva diminuzione del numero di stranieri nati in Italia (sono 62.944, il 15% del totale dei nati) che nel 2019 ha avuto un calo del 3,8% rispetto all’anno precedente. Quest’ultimo aspetto resta concentrato nel Nord-ovest (21,1%) e Nord-est (21,2%). Divari netti anche tra le regioni: un quarto dei nati in Emilia-Romagna è straniero (25%), in Sardegna solo il 4,3%.
Il progressivo ‘svuotamento’ del Paese è dovuto chiaramente alla diminuzione di cittadini italiani e non è bastato il ritmo di incremento di stranieri (attualmente quelli residenti sono l’8,8%), che negli ultimi anni si è affievolito. Nonostante tutto, l’Italia resta un Paese multietnico e arriva a contare 194 differenti cittadinanze, quasi 50 con almeno 10 mila residenti: al primo posto quella romena (1 milione 208 mila), seguita da quella albanese, marocchina, cinese e ucraina, che insieme rappresentano quasi il 50% del totale degli stranieri residenti. In aumento anche coloro che acquisiscono la cittadinanza italiana.
Sul fronte della popolazione in generale, i numeri crollano soprattutto in Molise, Calabria e Basilicata mentre all’opposto, incrementi si osservano nelle province di Bolzano e Trento, in Lombardia ed Emilia-Romagna. Numeri da cui è però facile desumere che il cosiddetto ‘saldo naturale’, la differenza tra nati e morti, è ancora in negativo (-214 mila unità).
Ma se ovunque ci sono più decessi e meno nascite, Bolzano rappresenta un’eccezione: la provincia autonoma è l’unica a segnare un tasso di crescita naturale al +1,5 per mille di Bolzano a fronte del -3,6 per mille a livello nazionale. In fondo, invece, c’è la Liguria al -8,1 per mille.
A parlare di dati “impressionanti” è la stessa ministra per la Famiglia, Elena Bonetti, la quale rilancia il Family Act, “un piano che chiede un investimento senza precedenti nelle famiglie. La strada è stata tracciata, si va verso l’approvazione in Parlamento, e da gennaio 2021 confido che potremo vederlo realizzato già a partire dell’assegno unico e universale”.
E per la presidente della commissione parlamentare per l’infanzia, Licia Ronzulli, “siamo al congelamento demografico. La denatalità è più che una emergenza e, senza una corretta politica di assistenza e sostegno alle famiglie e all’infanzia, le sue conseguenze saranno drammatiche sul sistema sociale ed economico dell’Italia”.
Lapidario il commento del presidente del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo: “Il nostro Paese sta morendo e non c’è più tempo da perdere”.
(di Lorenzo Attianese/ANSA)