Mattarella e Pahor mano nella mano, storico incontro a Basovizza

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Presidente della Repubblica di Slovenia, S.E. il Signor Borut Pahor, sono al monumento ai caduti sloveni, dove depongono congiuntamente presso il cippo commemorativo.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Presidente della Repubblica di Slovenia, S.E. il Signor Borut Pahor, sono al monumento ai caduti sloveni, dove depongono congiuntamente presso il cippo commemorativo. (foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

TRIESTE. – Che sarebbe stato un evento storico nel lungo percorso di riconciliazione tra Italia e Slovenia cominciato dieci anni fa lo si sapeva; così come anche i toni di sincera amicizia tra il presidente italiano Sergio Mattarella e quello sloveno Borut Pahor erano immaginabili, dati i cordiali rapporti e visto che si trattava per loro del quindicesimo incontro.

Ma quel tenersi mano nella mano per due volte, in un silenzio irreale sul Carso triestino davanti ai luoghi che ammoniscono e ricordano le atroci sofferenze patite da entrambi i lati del confine, non era prevedibile. Non è solo un gesto simbolico, sancisce un rapporto saldo. Come se dicesse: da questa posizione non si torna indietro.

Pacificazione non è rimozione: “La storia non si cancella, e le esperienze dolorose sofferte dalle popolazioni di queste terre non si dimenticano”, dice il presidente Mattarella. Ma una soluzione c’è ed ha un nome: “senso di responsabilità”.

E’ stata una visita densa di significati e di silenzi, che non ha (e non poteva) mettere d’accordo tutte le posizioni di entrambi i Paesi. La seconda Guerra mondiale ha causato incisioni profonde e frazionate nel corpo dei popoli, occorre quindi procedere spediti. Forse per questo la visita ha avuto numerose tappe: l’incontro nella caserma Reggimento Piemonte Cavalleria a Villa Opicina, poi subito l’omaggio alla grande foiba di Basovizza, dove si stima che siano stati lanciati circa duemila italiani tra civili e militari.

Qui i due presidenti si sono tenuti per mano per qualche istante; subito dopo, al cippo che ricorda 4 membri del Tigr (Trst Istra Gorica Rijeka) fucilati il 6 settembre 1930 in esecuzione di una condanna a morte emessa dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato, la stretta è durata molto di più. Sulla via del ritorno, per raggiungere le auto, entrambi erano visibilmente emozionati.

Nel ritmico ruolino di marcia della giornata, Mattarella e Pahor dal Carso sono infine scesi in città, in Prefettura, dove finalmente hanno tenuto i due (brevi) discorsi e sancito il trasferimento della proprietà del Narodni dom alla comunità slovena italiana.

Non poteva mancare l’unico testimone superstite dell’incendio appiccato cento anni fa che distrusse la Casa del Popolo, lo scrittore italiano di lingua slovena Boris Pahor, 107 anni ad agosto. Un monumento vivente al quale sono state conferite onorificenze da parte di entrambi i Paesi. Il presidente Pahor ha utilizzato un’efficace metafora: “E’ come se dopo cento anni tutte le stelle si fossero allineate”.

I due presidenti hanno visitato il Narodni dom, poi una rapida colazione di lavoro e la ripartenza di Pahor. Il presidente Mattarella ha invece incontrato le associazioni degli esuli. A loro ha garantito il proprio impegno per “sollecitare una ricerca storica approfondita, libera, completa”. Ma non ci sarà una ricompensa per chi perse tutto, “questo è impossibile”, ma per “alleviare le conseguenze negative di quel che è avvenuto ai nostri concittadini”, ha detto.

Il mondo politico italiano plaude all’iniziativa. Riferendosi ai due presidenti mano nella mano, il leader della Lega Salvini parla di una “immagine che rende giustizia a tante donne e uomini che hanno pagato con la vita la ‘colpa’ di non essere comunisti”.

Toni ancor più entusiasti hanno utilizzato le parlamentari dem Serracchiani e Rojc (rappresentante della comunità slovena). La prima parla di un “gesto potente” da parte dei due presidenti, la seconda evidenzia il significativo atto di riconciliazione.

La presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, invece, sottolinea “l’amarezza per la sbagliata equiparazione tra gli infoibati italiani e i quattro terroristi del Tigr con l’omaggio richiesto dal governo sloveno al cippo di Basovizza e la scelta di celebrare questa cerimonia proprio nel centenario dell’incendio del “Narodni dom” di Trieste”.

(di Francesco De Filippo/ANSA)