Bankitalia: male attese imprese. Ref e Ihs più cauti

Sede principale della Banca d'Italia nel Palazzo Koch a Roma. (ANSA)

ROMA. – Una situazione economica generale peggiorata in Italia, nel giudizio delle imprese, rispetto a marzo, con domanda e fatturato in flessione.

E persino la liquidità messa in campo con misure senza precedenti, fra prestiti garantiti dallo Stato e fondo perduto, non riesce a impedire un peggioramento dei giudizi delle aziende sull’accessibiltà al credito: solo la metà delle imprese ha fatto domanda, riuscendo ad accedere agli aiuti nel 70% dei casi.

É la fotografia che esce dall’indagine, condotta dalla Banca d’Italia, fra il 25 maggio e il 17 giugno  sulle imprese italiane con almeno 50 addetti. Che fa prefigurare una ripresa piuttosto difficile: domanda in calo, fatturato decurtato dalla pandemia, attività che, nelle attese degli intervistati, non tornerà ai livelli precedenti lo scoppio della pandemia prima di un anno.

Una situazione che appare non troppo dissimile da quella delle principali economie mondiali, in realtà, se si guarda ai numeri del Fondo monetario internazionale: che vede un Pil dell’Unione europea in calo del 9,3%, si livelli simili a quelli dell’Italia, e prevede forse più realisticamente un ritorno ai livelli del 2019 non nel 2021, ma solo nel 2022.

E avverte che in Europa le “forti divergenze” nella situazione pre-Covid si tradurranno “probabilmente in una ripresa disomogenea”, come spiega Poul Thomsen del Dipartimento per l’Europa.

Lo shock, insomma, appare diffuso ma chi ha accumulato risorse spendibili per fronteggiare emergenze si trova meglio rispetto ai Paesi con la palla al piede del debito, che anche in periodi di “vacche grasse” l’hanno stabilizzato, non ridotto, nella migliore delle ipotesi: Paesi nei quali, non a caso, proprio il Fmi mette in guardia dall’ “impatto sociale”.

Ma sul momento congiunturale vissuto dall’economia italiana le stime degli economisti divergono. Il Ref, per esempio, di fronte a segnali “di una rapida normalizzazione dell’attività económica in molti comparti”, vede un calo del Pil “solo” del 9,3%, più allineato alle stime del governo che al -11,2% previsto dalla Commissione europea.

Ihs Markit, l’istituto che cura gli indici Pmi dei direttori acquisti, fra i più accreditati anticipatori dell’andamento dell’economia, vede addirittura a giugno una fiducia delle imprese italiane in netta ripresa, proiettata sui 12 mesi in avanti e misurata come saldo netto percentuale, a +34%, “al massimo di due anni e ben al di sopra dell’Eurozona” (+15%).

Merito delle attese di un superamento della pandemia e della maggior disponibilità di finanziamenti per investire, che fanno delle imprese italiane “le più ottimiste” su un rialzo della redditività da qui a un anno e con l’indice relativo, a +18%, “ai massimi da ottobre 2018”.

Il dato comune che sembra emergere è la fortissima incerteza economica legata agli sviluppi globali della pandemia. Il cui impatto “rimane una minaccia”, avverte Ihs, con in cima ai timori delle imprese una seconda ondata del virus, nuovi lockdown, restrizioni ai viaggi, debolezza della domanda, oltre alle bancarotte, alle insolvenze e alla recessione ormai date per scontate.

Il Ref non nasconde le difficoltà che attendono l’italia nel riagganciare un’uscita da una crisi che tutti, a partire dal Fmi fino alla Bce,  prefigurano come trasformativa e dirompente, potenzialmente in grado cioè di infliggere uno shock irrimediabile ad alcuni settori, come il turismo o lo spettacolo, e spingere altri, come il digitale.

Ci sarà – spiega l’istituto – “una trasformazione significativa della struttura produttiva con molti settori che si ridimensioneranno e nuove opportunità che si creeranno in altri”.

A di là degli utili, poi, Ref e Ihs concordano sul colpo all’occupazione – il tasso di disoccupazione salirà oltre il 10% dall’anno prossimo secondo il primo dei due istituti – e ai consumi, attesi in calo di oltre il 5% quest’anno. Una “sfida complessa” è la sintesi del Ref, che vede l’Italia, col suo debito pubblico problematico già prima della crisi, svantaggiata.

Tutti attendono quella che il Fmi chiama “l’azione comune” dell’Unione europea, una partita il cui esito potrebbe delinearsi già questa settimana.

(Domenico Conti/ANSA)

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