Coronavirus: trentamila sanitari contagiati, scontro sui risarcimenti

Un infermiere con tuta e mascherina escer da una tenda al check point sanitario accanto al Pronto Soccorso degli Spedali civil per il coronavirus, Brescia.
Un infermiere con tuta e mascherina escer da una tenda al check point sanitario accanto al Pronto Soccorso degli Spedali civil per il coronavirus, Brescia. (ANSA)

ROMA. – Eroi ed eroine che hanno salvato migliaia di vite e accompagnato altre fino all’ultimo respiro, gli operatori sanitari sono stata la categoria professionale più esposta al Covid. Tra medici, infermieri e altre professioni sanitarie, sono quasi 30.000 quelli che sono stati contagiati dal nuovo coronavirus in Italia, pari al 12% dei casi totali dall’inizio della pandemia, secondo un’analisi della Fondazione Gimbe.

Pur avendo pagato in prima persona e in alcuni casi con la vita, però, molti di loro risultano ora esclusi dai risarcimenti assicurativi per i danni subiti. Questa la denuncia dei sindacati, che contestano l’esclusione dagli indennizzi per i medici del territorio.

Secondo il nuovo report della Fondazione Gimbe, fino al 30 giugno, risultano esser stati 29.476 gli operatori sanitari contagiati, pari al 12,3% dei 240.578 dei casi totali in Italia. Una percentuale altissima e in crescita: se si guarda solo ai mesi di maggio e giugno, infatti sono stati identificati 7.600 positivi al Sars-Cov-2, che corrispondono al 26,5% dei 28.640 nuovi positivi per lo stesso periodo.

Tra i sanitari contagiati, il 47% sono infermieri e ostetrici, il 22% medici (prevalentemente ospedalieri) mentre il resto svolge altre professioni. E la stragrande maggioranza si concentra in Lombardia seguita da Emilia-Romagna e Veneto. Questo tema, osserva Nino Cartabellotta, presidente Fondazione Gimbe, è stato “trascurato negli ultimi tempi ma gli operatori sanitari hanno pagato un prezzo molto alto” e spesso non hanno potuto contare su “dispositivi di protezione individuale e protocolli adatti”.

In particolare, sono oltre 170, secondo i dati della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici e Odontoiatri (Fnomceo), i medici deceduti da inizio pandemia. Molti di loro però, e in particolare quelli della medicina del territorio, non hanno diritto al risarcimento d’infortunio sul lavoro in caso di contagio da Covid 19. Un’ingiustizia contro cui si scagliano i sindacati.

“L’Inail deve ammettere a che in questi mesi i medici di famiglia hanno subìto veri e propri infortuni sul lavoro a causa del contagio trasmesso dai loro pazienti”, commenta il segretario del Sindacato Medici Italiani (Smi) Pina Ontori, e “il riconoscimento dell’infortunio deve essere previsto anche dalle assicurazioni private, che al pari dell’istituto pubblico, non presumono questa copertura”.

Una richiesta a cui si associa la Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti (Fismu) che già il 15 aprile scorso, aveva chiesto il riconoscimento dell’infortunio di lavoro per il Coronavirus per i medici medicina generale, specialisti ambulatoriali e pediatri.

“Una denuncia – sottolinea Francesco Esposito, segretario generale Fismu – caduta nel dimenticatoio. Ora si andrà incontro a una lunga stagione di ricorsi ai tribunali, affinché sia fatta giustizia. Facciamo appello al premier Conte affinché sia una priorità sanare questa grottesca vicenda. Altrimenti i nostri colleghi saranno due volte vittime: prima sul lavoro, poi per il menefreghismo della politica”.

(di Livia Parisi/ANSA)

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