Antitrust: “In Ue Paradisi Fiscali minano coesione”

ll presidente Antitrust, Roberto Rustichelli, in audizione alla Camera. Immagine d'archivio.
ll presidente Antitrust, Roberto Rustichelli, in audizione alla Camera. Immagine d'archivio. (ANSA)

ROMA. – “In Europa ci sono paradisi fiscali” che “drenano risorse ai Paesi dove il valore è prodotto” senza doversi nemmeno preoccupare “dei costi degli ammortizzatori sociali” perché nei loro territori non hanno fabbriche ma solo sedi legali e fiscali. Paesi che usano “il proprio fisco come leva competitiva sleale con effetti negativi sulla coesione dell’Unione europea”.

Paesi che, infine, “affiancano il dumping fiscale alla pretesa di imporre uno stretto rigore di bilancio da Paesi dei quali drenano risorse”.  Il presidente dell’Autorità Antitrust italiana Roberto Rustichelli non ha usato giri di parole, durante il suo intervento alla XIV commissione della Camera (Politiche dell’Unione Europee) .

“Paesi come l’Irlanda, l’Olanda e il Lussemburgo sono veri e propri paradisi fiscali nell’area euro, che attuano pratiche fiscali aggressive che danneggiano le economie degli altri Stati membri” ha scandito aggiungendo che i loro “elevatissimi tassi di crescita” altro non sono che il risultato di queste “pratiche sleali”.

“A causa della concorrenza fiscale sleale a livello europeo, il fisco italiano – spiega il presidente dell’Antitrust – perde la possibilità di tassare oltre 23 miliardi di dollari di profitti: 11 miliardi di profitti vengono spostati in Lussemburgo, oltre 6 miliardi in Irlanda, 3,5 miliardi in Olanda e oltre 2 miliardi in Belgio . Ciò comporta un danno per l’Italia che può essere stimato tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari l’anno”.

Negli ultimi 5 anni il Pil italiano è cresciuto solo del 5%, elenca Rustichelli, mentre il Pil dell’Irlanda è cresciuto del 60%, quello del Lussemburgo del 17% e quello dell’Olanda del 12%. Questo anche perché gli investimenti internazionali si adattano alla geografia della concorrenza fiscale. L’Italia attira investimenti esteri pari al 19% del Pil, il Lussemburgo pari a oltre il 5.760%, l’Olanda al 535% e l’Irlanda al 311%.

“Valori così elevati – chiosa impietoso Rustichelli – non trovano spiegazione nei fondamentali economici di tali Paesi, ma sono in larga parte riconducibili alla presenza di società veicolo” a controllo estero. Nel caso dell’Olanda “i soli flussi finanziari (dividendi, interessi e royalties) che attraversano le società di comodo olandesi costituiscono il 27% del Pil olandese”.

Il Granducato del Lussemburgo, 600 mila abitanti , è in grado di raccogliere imposte sulle società pari al 4,5% del Pil, a fronte del 2% dell’Italia

Questa disunità (fiscale) dell’Europa è però conseguenza, spiega il presidente Antitrust, dell’attuale quadro normativo europeo, nel quale a fronte di “un’unione monetaria accompagnata da una crescente integrazione dei mercati reali e finanziari” fa riscontro un’inspiegabile “assenza di stringenti regole comuni fiscali e contributive”.

Tale vuoto normativo, avverte l’Autorità italiana “rende possibile il dumping fiscale e può minare le fondamenta della stessa costruzione europea”. Da qui la necessità che “di fronte a simili forme di conccorrenza sleale l’Europa “ritrovi un autentico spirito di solidarietà”.

(di Maria Gabriella Giannice/ANSA)

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